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La tortura delle pensioni: con i ricongiungimenti spremono 400mila persone

Stangata su chi ha cambiato lavoro e deve portare i contributi all'Inps: il prelievo può arrivare fino a 600mila euro

Lucia Esposito
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Tobia De Stefano «Per chi non si arrende, come me, come i miei colleghi che le scrivono, la vita è comunque stravolta, trasformata in una battaglia quotidiana che cambia le abitudini di un'esistenza una volta serena». Così concludeva la sua lettera (pubblicata da Libero tre giorni fa), Claudio Floris, un lettore evidentemente estenuato da una storia previdenziale che ha dell'incredibile. È l'ennesimo esodato che sfoga la sua giusta frustrazione? No, purtroppo no. Perché dopo lo scandalo di chi, a causa della riforma Fornero, rischia di trovarsi senza pensione né un lavoro, il governo sta per entrare in un altro girone infernale, quello dei ricongiungimenti, o meglio dei «ricongiunti». Chi sono? Tutti coloro che nel corso della propria vita hanno cambiato lavoro e quindi si trovano a dover unificare i contributi previdenziali in un unico ente. Il problema è datato, certo, ma fino a non molti mesi fa era risolto con una certa logica. Oggi non più.   Vediamo. La legge 322 del 1958 dava una certezza: chi passa dal pubblico o da qualsiasi altra cassa previdenziale all'Inps lo fa a titolo gratuito. Motivo? Non si traggono vantaggi e quindi non c'è ragione alcuna per salassare il cittadino. Ottimo. Poi iniziano i cambiamenti. Il primo risale al 1979, con la legge numero 29 che fissa un paio di eccezioni. Finiscono nel mirino gli autonomi che sono costretti a pagare il trasferimento dei propri accumuli previdenziali nel fondo dei lavoratori dipendenti. La ratio? Nel passaggio i contributi acquistano un valore maggiore e quindi è giusto versare qualcosa alle casse pubbliche. Chiaro. E poi? Al tempo stesso, articolo 2, stabiliva che anche il ricongiungimento dall'Inps allo Stato era a titolo oneroso.  L'esempio è quello dell'operaio della Fiat che diventa impiegato in un ministero. Come mai? Soprattutto perché il calcolo della pensione nel pubblico avveniva in modo diverso, sull'ultimo stipendio, ed era quindi più conveniente. Pure qui, nulla quaestio.  La quaestio però nasce ai tempi nostri, con la legge 122 del 2010. L'allora governo Berlusconi, infatti,  approva una norma che abroga la gratuità del trasferimento della contribuzione all'Inps. La legge dice: il passaggio da una qualsiasi delle altre casse, Inpdap compresa, all'Inps diventa oneroso. Sacconi la difese così: era necessario impedire il travaso delle dipendenti pubbliche (in pensione a 65 anni) nel privato (era possibile uscire a 60). Il problema è che si è andati ben oltre l'obiettivo. E tutti i tentativi, anche quelli del governo tecnico, di mettere una pezza al provvedimento sono caduti nel vuoto.  Nel caso del signor Floris (ha lavorato 14 anni in un Comune e poi ha preso altre strade) lo scherzetto gli costerà circa 135 mila euro. Ma ben peggio è andata a un impiegata comunale di 57 anni della provincia di Sondrio (la signora Laura Sertori intervistata da Report) che, per sua disgrazia,  a un certo punto della sua carriera ha deciso di andare a lavorare nel privato. Stavano per avvicinarsi  i 40 anni di contributi versati e così la nostra ha pensato bene di chiedere all'Inps se doveva versare qualcosa per beneficare della pensione. “Qualcosa? - si è sentita rispondere - Signora lei ci deve 654 mila 054,48 euro in unica soluzione, ma se vuole può pagare in 180 rate da 4.800 euro, ma così supera i 900 mila euro”.  E allora viene spontaneo da chiedersi: ma come si calcola questo ricongiungimento? Il meccanismo è molto complesso, ma alla fine risponde alla stessa logica che consente di riscattare gli anni di laurea. Un giochino fatto di coefficienti e riserve matematiche che porterà allo Stato due miliardi e mezzo di euro nei prossimi dieci anni. Certo per i ricongiunti ci sarebbe un'alternativa: chiedere il cumulo dei contributi versati. In questo caso, però, visto che buona parte delle pensioni in questione aveva diritto al calcolo con il retributivo, i nostri si ritroverebbero con un assegno dimezzato. Certo, una disgrazia. Ma vuoi mettere la soddisfazione di aver contribuito al risanamento dei conti pubblici?

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