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Capodanno a Times Square: una lezione per Milano

San Silvestro in piazza con luci, sorrisi e Lady Gaga. New York insegna: integrazione e sicurezza devono andare di pari passo

Giulio Bucchi
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I recentissimi vandalismi in piazza Duomo a Milano per il Capodanno, che dalle cronache apprendo non essere una novità ma tristemente l'inizio di una disdicevole tradizione, rendono impietoso il confronto con Times Square. Da questa parte il sindaco Bloomberg che bacia Lady Gaga e fa cadere la pallona illuminata "2012" per la gioia voluttuosamente infantile del milione di persone tra turisti globali, americani, e newyorkesi. Dall'altra "sudamericani" e "tamarri", per usare le parole del Corriere della Sera, padroni di un campo di battaglia metropolitano violato e devastato, irriconoscibile. Sono due destini diversi che hanno spiegazioni razionali, ma un loro punto fermo è la non "inevitabilità". Times Square, nella sua storia, è stata anche peggio di piazza del Duomo. Prima che arrivasse Rudy Giuliani, il sindaco castigamatti della Tolleranza Zero, era in mano ai balordi, agli spacciatori (come Bryant Park dietro la maestosa Public Library a pochi isolati, o Tompkin Square nel Lower East), e le sole insegne stradali erano quelle dei bordelli e dei locali per spogliarelli. Degrado tira degrado, e il quartiere sembrava irrecuperabile. Ma non è mai così, basta volerlo con la chiarezza delle priorità. E mettere al primo posto la sicurezza, che è il rispetto della legge contro le infrazioni anche minime a protezione della gente normale, è una politica che paga. Giuliani cominciò con il perseguire i colpevoli delle scritte fuorilegge, dei vandalismi anche se rivolti contro i vetri degli edifici abbandonati, della maleducazione di chi non pulisce la cacca del cane. E proseguì chiudendo i locali equivoci, sloggiando i barboni, dando caccia serrata ai trafficanti di droga. Anche a New York c'è il rito del venerdì pomeriggio, quando in molti preferiscono andare nella seconda casa fuori porta. E' un fatto di libertà. Ma il governo della Grande Mela ha saputo creare un ambiente di vivibilità che fa concorrenza alla fuga, diventata routine, degli weekendisti incontenibili: e spettacoli, musei, shopping senza limiti di tempo o quasi, ristoranti e bar di moda sono adesso dei terminali di un'altra libertà, quella di godersi la città nei giorni di festa. Milano ha imposto l'austerità anche alle luminarie, vietando le insegne e i cartelloni che facevano da contraltare alla austera bellezza del Duomo nel dopoguerra? A New York, Times Square è il solo quartiere per il quale il piano urbanistico impone che i possessori dei palazzi sulla piazza espongano insegne luminose. Di qui, la gara a fare quelle gigantografie digitali pubblicitarie che affascinano tutti, non solo coreani o biellesi in gita, anche i newyorkesi. Tutti quelli normali, almeno: qualche detrattore, in odio a Giuliani il duro, provò a dire che la città perdeva la sua isola bohemienne mano a mano che diventava più sicura e attraente (quest' anno i visitatori sono stati 50 milioni). Ma la realtà è che un elettorato locale a grande maggioranza di liberal e democratici ha eletto prima Giuliani (due volte) e poi Mike Bloomberg (tre, perché ha persino convinto il consiglio comunale a cambiare la norma sui limiti dei mandati), proprio per le politiche rigide di salvaguardia della sicurezza e di costante ricerca di migliorie della vivibilità. La tolleranza zero è una condizione necessaria anche per cominciare a risanare Milano. Pisapia, che di nome fa Giuliano, dovrebbe prendere ispirazione dal quasi omonimo collega. Ma dovrebbe avere l'ambizione di passare alla storia come il castigamatti di tutti gli illegali, bianchi neri o gialli, e tradire il peloso multiculturalismo politicamento corretto della sinistra italiana. Come sperarlo? Così la città che rivaleggia con New York a testa alta nella moda e nella musica lirica, per non parlare dei monumenti (Castello e Duomo) o dell'arte (con la sua Ultima Cena, Brera eccetera), si lascia degradare e violentare senza reagire. Non è solo questione di ordine pubblico da ripristinare in fretta, però. A creare il contesto favorevole agli sfregi degli ospiti stranieri e della suburra è la mancanza di orgoglio, fiducia, e soddisfazione per la propria città, e patria, sentimenti di cui abbondano gli americani. Chi viene qui, impara subito che è una nazione aperta agli onesti quanto inflessibile. E a Times Square si tuffa in un bagno di folla complice, tutti spiriti in sintonia, e tutti sorvegliati e protetti da migliaia di agenti a piedi o a cavallo, contenti di farsi fotografare con i bambini o la nonna di famiglie che vengono dal Vietnam o dall'Arkansas. Sotto il Duomo? Italiani assenti, perché hanno paura e sono proni ai "diversi", con sensi di colpa per un razzismo di cui non sono per forza e sempre colpevoli (come fa credere la sinistra). E stranieri che non rispettano persone o cose, perché invece di trovare un Bloomberg che balla con Lady Gaga e mille agenti con il sorriso e il manganello, sanno di essere in una terra di nessuno, e sfottono mentre fanno casino, impuniti, sventolando i diritti prima dei doveri. di Glauco Maggi twitter@glaucomaggi

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