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Gingrich sta a Cain come Einstein sta a Pinocchio

La macchia nera nella campagna elettorale di Herman Cain sono gli scandali sessuali. Ma non è certo l'unico scivolone dell'aspirante presidente Usa

Costanza Signorelli
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Sposato da oltre 40 anni, Cain aveva costruito di sé l'immagine di un uomo fedele, cristiano. E quando sono cominciate a venire a galla le accuse di una, poi di due, infine di quattro donne che lamentavano di essere state molestate sessualmente, Cain le aveva sempre respinte, arrivando a far intervistare sua moglie in un popolare programma televisivo perché testimoniasse della loro esperienza felice e duratura. “Non ci credo, non è l'uomo con cui sto da una vita”, aveva detto a testa asta la signora Cain delle accuse di avance sessuali indesiderate fatte dalle 4 sedicenti vittime. In un paio di casi, c'erano persino state denunce formali, ma che avevano portato a transazioni finanziarie, senza arrivare al tribunale. Paradossalmente, era stato più facile per Cain respingere quelle accuse, perché si sa che nel sistema legale americano, sui posti di lavoro, i dipendenti ricorrono a volte alle querele per discriminazione, violenza verbale, mobbing o harassment per ottenere denaro dai datori, che pagano per non subire cattiva pubblicità o rischiare sanzioni più gravi alla lotteria del processo. Qui c'è Ginger White, madre single di due figli, che non chiede nulla (che si sappia), ma che ha detto più o meno così in tv: “Sapevo che era sposato, mi aveva affascinata per un suo discorso pubblico, ci siamo conosciuti, mi ha portato in albergo e poi siamo andati avanti per 13 anni a vederci”. Una “banale” storia di corna, che l'avvocato di Cain s'è premurato di chiarire “non trattarsi di accuse di molestie”, ma del racconto di “ una relazione tra adulti consenzienti, che non dovrebbe essere d'interesse dei media”. Patetico, Cain ha ammesso però di aver conosciuto Ginger, e di pensare che fosse un'amica prima di questa bomba. Alla domanda “hai fatto sesso con quella donna”, Cain ha risposto come Clinton con Monica, “no”. Ma Bill era già nella stanza ovale, e ha solo rischiato d'esserne cacciato quando è uscita la verità. Se Herman non sarà presidente non deve dare però solo la colpa a Ginger, o alle altre “vittime vere o false” dei suoi pruriti. Certo, l'hanno colpito,  ma ben più devastanti sono stati i suoi vuoti di contenuto e le gaffe su argomenti al di fuori dell'attività economica e delle tasse. Sulla Libia, su Cuba, sull'Iran, ma anche sull'immigrazione, le sue uscite avevano fatto cadere le braccia ai commentatori conservatori. Non puoi seriamente pensare di correre per la Casa Bianca se non leggi i giornali, lo ha irriso Rich Lowry sul New York Post. Lì è iniziata l'ascesa di Newt Gingrich, che in dialettica, conoscenza della storia e articolazione delle questioni politiche sta a Cain come Einstein sta a Pinocchio.   Ora Cain ha detto di prendersi qualche giorno per riflettere su come ristabilire un percorso valido  per la sua campagna, che aveva registrato cali costanti nei sondaggi delle ultime settimane. Dal 25-30% a livello nazionale, toccato nei momenti di gloria in cui aveva conquistato i Tea Party con la sua idea del 9-9-9 (quote fisse delle tasse su redditi, utili aziendali e consumi) ora è al quinto posto tra gli otto – con il 10% - nello Iowa, stato chiave dove si terranno le prime primarie in gennaio. Ma chissà se Cain sarà ancora in lizza per quell'appuntamento. di Glauco Maggi Twitter@glaucomaggi

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