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La democrazia passa dalle Università. Americane

La grande lezione dei college. I Global Academic Centers si espandono nel mondo. E in patria accolgono gli stranieri

Giulio Bucchi
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La New York University continua la sua espansione all'estero. Ha una dozzina di Global Academic Centers nel mondo, uno anche a Firenze (gli altri sono ad  Abu Dhabi, Londra, Accra, Madrid, Sidney, Berlino, Parigi, Tel Aviv, Buenos Ayres, Praga, e Shangai si aggiungerà nel 2013), ma la politica della presenza diffusa all'estero è comune a tutte le maggiori istituzione universitarie americane. In queste sedi, che sono degli avamposti dell'accademia Usa nel mondo, possono trascorrere semestri gli studenti iscritti nelle case madri. Ma sono anche una vetrina della qualità dell'insegnamento dei migliori colleges americani, sempre alla ricerca di talenti di ogni nazionalità e in costante competizione tra di loro e con le istituzioni locali. L'alta educazione è un business, abbiamo scritto nel Diario di ieri, e la sua natura è ormai globalizzata. Del resto l'internazionalizzazione tocca ormai tutti i campi della produzione e dei servizi, e immaginarsi una cultura “local” sarebbe ancora più ridicolo che propugnare la filosofia “local” nel cibo o nei vini. Infatti, quest'ultima trova la sua ragione d'essere solo inserita come un Comandamento della nuova Fede Laica e Anticapitalista della Chiesa della Sostenibilità e del Global Warming. Nel mondo reale le idee è bene che viaggino. E con loro, infatti, viaggiano sempre più gli studenti, non come schegge impazzite ma guidati dalla qualità delle offerte, dalla convenienza data dal successo di certe lauree confrontate con altre, e dagli interessi personali. Invece di contrastare le “fughe dei cervelli”, come qualche parlamento fa con iniziative improbabili di sostegno fiscale (il riferimento a proposte di leggi che sono circolate in Italia qualche tempo fa, e di cui abbiamo perso traccia, è intenzionale), la strada maestra è avere realtà sociali, produttive, lavorative, culturali capaci di attrarre. Più di 14mila ragazzi Usa hanno studiato in Cina l'anno scorso, e c'è stato un 44% di aumento di studenti Usa che sono andati in India. Anche Israele, Brasile, Egitto e Nuova Zelanda hanno visto incrementare la presenza americana. Peggy Blumenthal, dirigente dell'Institute of International Education, ha spiegato così il trend sul The Christian Science Monitor : “Come si diversificano i campi dai quali gli studenti americani vengono, così si ampliano le destinazioni. Trenta anni fa andavano a studiare arte in Italia o storia in Francia, ora vogliono studiare in ogni campo dove c'è l'azione vera e lo vogliono fare sul terreno: e questo significa l'aprirsi di una cerchia di differenti Paesi. Non vanno fuori per avere la laurea, ma per migliorare il livello della loro tesi finale. Vanno a vedere come ingegneria o fisica sono insegnati altrove e per imparare dalle esperienze altrui”. Il numero assoluto degli “emigranti” Usa è ancora basso, però, anche se le iniziative di moltiplicazione dei campus fuori Stati Uniti delle maggiori università, tipo la NYU, “sono incoraggianti”, ha commentato il Ceo di IIE Allan Goodman. Nell'import-export degli studenti, il saldo attivo dell'America è ancora fuori discussione. Il numero attuale di laureandi e laureati stranieri che cercano una specializzazione negli Usa è di 723.277, contro 270.604 americani in trasferta. Da dove arrivano gli stranieri? I primi paesi, nell'ordine, sono Cina (da sola pesa per il 22%), India, Sud Corea, Canada, Taiwan e Arabia Saudita (quest'ultimo paese ha avuto un balzo del 43,6% nell'ultimo anno). I giapponesi, invece, sono scesi al settimo posto perché preferiscono puntare sulla Cina.   California, New York, Texas, Massachusetts e Illinois sono i primi cinque stati preferiti, mentre le cinque università con la più alta percentuale di studenti esteri sono University of Southern California, University of Illinois at Urbana-Champaign, New York University, Purdue University, e Columbia University. Una curiosità. Anche i regimi che considerano gli Usa il “grande Satana” non impediscono ai propri giovani cittadini di frequentare i colleges del nemico. Gli iraniani sudditi di Ahmadinejad sono 5626, il 18,9% in più di un anno fa, e i venezuelani di Hugo Chavez 5.491, l'l1% in più. L'America è proprio un grande paese. di Glauco Maggi Twitter@glaucomaggi

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