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Obama in visita ufficiale a NapoliMa è una commedia newyorkese

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Lo spettacolo, scritto da Claudio Angelini, ritrae il presidente come un San Gennaro, tra speranze e delusioni

Matteo Legnani
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C'è Obama che fa lo spiritoso, che si prende in giro, che promette "volete 6 milioni di posti?", che ammette “in America non mi vogliono più”, che dice “quasi quasi rinuncio” ma poi, sentendo che la Clinton annuncia “allora mi candido io” , si corregge subito… “e no, allora mi ricandido io”. Ovviamente siamo in un teatro, con Toby Blackwell che fa Barack e Elyse Knight che fa Hillary. Non davanti alla Tv, dove i comedians americani hanno ripreso a invitare il presidente vero nei talk show per lanciargli la volata, simpatetici come sempre per la causa dei Democratici.  E' il 25 aprile, al June Havoc Theater, 312 West sulla 36esima strada, tra la ottava e la nona Avenue, ed è l'esordio come autore teatrale di Claudio Angelini. In passato è stato direttore del TG1, corrispondente per molti anni della Rai e poi direttore dell'Istituto culturale italiano di New York. Adesso fa il presidente della Dante Alighieri negli Usa, ed è tornato alla sua vecchia passione artistica di un tempo, quando scriveva poesie e canzoni, parole e musica. Ne ha tolte dal cassetto qualcuna, ci ha aggiunto l'esperienza del cronista che coprì nel 1980 il terremoto in Irpinia che devastò larga parte della Campania, ed è nata una commedia dove si ride, ma serissima come sa esserlo la satira. L'opera è una fusione dell'esperienza umana dell'autore, che è nato a Roma, è cresciuto a Firenze, ma ha Napoli nel cuore. E anche New York e l'America, dove s'è trovato tanto bene che ci vive per scelta da quando ha smesso di farlo per dovere professionale. Ed è da questa doppia “cittadinanza” del cuore che è nata “Obama in Naples”, sotto la direzione di Stephan Morrow e con la scenografia dell'artista partenopeo Lello Esposito.  La base autobiografica è trasparente, con il giornalista americano, oggi affermato cronista che segue la Casa Bianca, che coprì il terremoto irpino e viene rispedito 30 anni dopo a Napoli a vedere che cosa è cambiato. Con gli elementi della commedia dell'arte (Pulcinella fa il portiere d'albergo) si mischia la catena degli equivoci. Il giornalista è scambiato per uomo di Obama, ma intanto insegna meritocrazia allo studente nipote di Madre Concetta, e gli spiana la strada per fare ricerca universitaria negli States e fuggire dalla morsa del mafioso locale. Nei vicoli si sparge la voce che è in arrivo il vero Barack, perché Napoli ha bisogno dei San Gennari ricorrenti. Dopo Pertini, perché non sperare nel bis dall'America? E Obama, OK, arriva davvero in visita ufficiale. Per un verso è quello vero, della speranza (Angelini aveva scritto un libro sul primo anno del presidente) . Ma per un altro è quello di oggi, della realtà degli Usa, un Paese che per la metà e anche di più lo vede con occhi disincantati. Sono anche gli occhi dell'autore, che ha saputo trasferire il disincanto verso il presidente nell'approccio auto-ironico di Barack verso se stesso, e ironico verso Napoli. Città che è sempre amata  - “A City” e “How Beautiful You Are” sono le due canzoni più dolci che trasmettono il feeling- , anche se è sempre la stessa di prima. Come e quando arriverà la rinascita? San Gennaro è l'eterno status quo, Obama farà il miracolo?  Lo spettacolo, prodotto da Olga Cortese, sarà in scena fino a domenica 6 maggio. www.obamainnaples.com di Glauco Maggi

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