Milano, 23 ott. (Adnkronos Salute) - Per cercare di sconfiggere il suo tumore al cervello, riuscendo comunque a salvare il bambino che porta in grembo, alla giovane mamma salernitana al quinto mese di gravidanza che ha cercato di sottoporsi a un trattamento cyberknife in un clinica di Bari "basterebbe una radioterapia standard. In questi casi, infatti, l'indicazione non è al cyberknife", il robot radiochirurgo. "Il percorso prevede invece un approccio convenzionale, efficace e sicuro per il feto una volta superato il terzo mese di gravidanza". Lo spiega all'Adnkronos Salute Laura Fariselli, direttore di Radioterapia all'Istituto neurologico Besta di Milano, che non nasconde stupore per il caso che rimbalza in queste ore sui media. All'Istituto Besta è attivo uno dei 4 macchinari cyberknife disponibili a Milano (altri 2 si trovano al Centro diagnostico italiano, un terzo all'Istituto europeo di oncologia). L'apparecchiatura è ormai presente anche in vari centri al Sud Italia, sottolinea l'esperta, che tuttavia ribadisce: "Il percorso indicato per queste lesioni cerebrali, anche in caso di donne in gravidanza, è la cosiddetta radioterapia 'conformazionale'. Una radioterapia accurata - precisa - da effettuare ovviamente con tutte le schermature del caso, ma comunque una radioterapia standard". Che fra l'altro, "paradossalmente, secondo un nostro studio sarebbe anche più sicura per il nascituro rispetto al cyberknife. Per un problema di natura balistica, infatti, utilizzando il robot si rischierebbe di avere una maggiore quantità di radiazioni diffuse intorno al corpo". Al contrario, "rimanendo nell'ambito della radioterapia conformazionale, ci sono opzioni tradizionali assolutamente rigorose, validissime dal punto di vista oncologico e che permetterebbero alla paziente di portare avanti la sua gravidanza. Qui al Besta - conclude la neuro-oncologa - abbiamo trattato una decina di donne incinte, dopo il terzo mese di gravidanza. Le dosi che arrivano al feto sono molto basse e tutti i bambini sono nati normalmente".