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"Scontri a cantiere Tav come attacchi Apache, così rimasi ferito"

di AdnKronos domenica 3 febbraio 2019

2' di lettura

Roma, 1 feb. (AdnKronos) - "Come un fortino assediato dagli Apache: razzi, bombe carta, pietre contro di noi che eravamo lì, circondati nell’area del cantiere della Torino-Lione, qualche giorno dopo che l'avevamo liberato dagli attivisti No Tav. In quell'occasione rimasi gravemente ferito, mi ruppi la clavicola. Dovetti rimanere a casa tre mesi". L'ispettore superiore Antonio Gurgigno, in servizio alla Digos di Torino e sindacalista del Sap (Sindacato Autonomo Polizia), ricorda con l'Adnkronos gli scontri a Chiomonte dell'estate del 2011. "Era il 3 luglio, non posso dimenticarlo: la grande manifestazione No Tav per riconquistare l'area, che le forze dell'ordine avevano liberato dal presidio allestito per impedire la realizzazione del cantiere, quello che fu ribattezzato 'Libera repubblica della Maddalena', una specie di porto franco, e gli scontri che si innescarono". Il 27 giugno di quell'anno, continua, "andammo in forze cercando di entrare sia dal lato di Chiomonte che dalla parte dell'autostrada ed entrammo nel cantiere con notevoli sforzi. Anche lì si registrarono feriti". Ma niente a che vedere "con quanto accadde una settimana dopo: una guerriglia che durò ore. Il risultato furono circa 200 feriti tra le forze di polizia", ricorda Gurgigno. "Di attacchi al cantiere - anche con lancio di razzi ad altezza uomo e bombe carta - ne ho visti tanti altri: sono quasi all'ordine del giorno. Anche oggi in occasione dell'arrivo a Chiomonte del ministro Salvini - racconta il poliziotto -, si sono radunati un'ottantina di manifestanti su un ponte all'ingresso secondario del cantiere: hanno cominciato a bersagliare i colleghi con palle di neve. Lo scontro si è concluso senza problemi, semplicemente con l'allontanamento dei facinorosi. D'altronde, erano in pochi per affrontare le forze schierate". In attesa di scelte politiche sul futuro della Tav, "noi continuiamo a fare il nostro lavoro come sempre", conclude Gurgigno.

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