Borsellino: Fava, irreprensibili magistrati fecero carriera istruendo processo fasullo
Palermo, 5 lug. (AdnKronos) - "Ma quando ti accorgi che da ventisei anni tutte le domande che formuli per ricevere un po' di verità rimangono senza risposta, che fai? Pensi ad altro? Ti rassegni? Dimentichi? Mi sono messo nei panni faticosi dei figli di Paolo Borsellino. La sentenza di un processo (che già nel suo titolo, “quater”, racconta l'umiliazione di un'attesa senza rimedio) spiega che pezzi delle istituzioni organizzarono il più clamoroso e colpevole depistaggio della storia repubblicana". Inizia così un lungo post a firma di Claudio Fava, Presidente della Commissione regionale antimafia all'Ars che ieri ha annunciato l'audizione di Fiammetta Borsellino per il prossimo 18 luglio, alla vigilia della commemorazione della strage di via D'Amelio. "Per offrire alla folla la testa di qualche presunto colpevole ma soprattutto per coprire e garantire i veri responsabili di quella mattanza - scrive Fava - Nelle motivazioni della sentenza si parla di irreprensibili magistrati che fecero carriera istruendo un processo fasullo, di investigatori al servizio di troppi padroni che fabbricarono una finta verità per bocche buone e generose, di ministri, generali e presidenti che mentirono, tacquero, inquinarono affinché su via D'Amelio e sui suoi occulti mandanti non ci fosse mai verità". "Bene - aggiunge Fava - che dovrebbe fare un figlio se dopo un quarto di secolo ti spiegano che quella verità ti verrà ancora negata? Che le tue domande (chi mentì, perché, al servizio di quali padroni…) non meritano risposte? Che ti devi rassegnare a una verità incompiuta, parziale, furba e scaltra come la più oscura delle notti?". E conclude: "Quel figlio, quei figli non si rassegnano. E noi nemmeno. Per questo, nei giorni in cui si ricorda e si commemora la strage di via D'Amelio, noi non commemoreremo ma raccoglieremo in Commissione Antimafia siciliana le domande dei figli di Paolo Borsellino. Affinché quelle domande, quelle attese ricevano ascolto e vengano poi rivolte a chi ha il dovere di una risposta: magistrati, presidenti, generali, ministri. Chiederemo una verità che non può essere affidata solo alle sentenze di un tribunale ma deve tornare ad essere, in questo paese, una responsabilità di ciascuno e di tutti. Lo faremo in nome e per conto di tutti. Perché la verità non è un fatto personale ma un bene comune come l'acqua o l'aria, una dignità collettiva che spetta a tutti difendere e pretendere".