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Laura Boldrini, "occhi di tigre"? Perché ormai la politica è diventata un circo

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Gianluca Veneziani
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Fossimo i produttori di Rocky, inizieremmo a chiedere i diritti per «occhi di tigre». Sì perché questa storia degli occhi di tigre, usata da Enrico Letta citando il film con Sylvester Stallone, sta sfuggendo di mano. Ieri Laura Boldrini si è munita di una maschera di tigre e con quella si è mostrata sul suo profilo Twitter per rispondere a Matteo Salvini che l'aveva chiamata, appunto, "occhi di tigre". Ora, siamo contenti che la Boldrini, in preda a un brivido felino, sia diventata devota alla maschera di tigre e non più alla mascherina e si dedichi a faccende ludiche e non più a questioni di alto livello come le desinenze (a proposito, qual è il femminile di tigre? Tigra? Tigressa? O Tigr*?). Però abbiamo l'impressione che questo circo mediatico stia trasformando la politica in un circo.

 

 

 

E allora venghino signori e signore, venghino! Abbiamo le tigri e i mangiatori di fuoco e pure di fiamma tricolore, non ci sono più draghi, ma di clown ed equilibristi che saltano da una parte all'altra dell'emiciclo ne abbiamo quanti ne volete: in caso di caduta, nessun problema, hanno il paracadute. Sono i famosi paracadutati.

 

 

 

In attesa dell'esibizione, la Boldrini dice che «per vincere le elezioni servono gli occhi di tigre». Si sbaglia di grosso: per vincere serve un posto blindato al proporzionale come il suo. Altro che occhi di tigre, ci vuole una faccia di c... andidata.

 

 

 

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