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Calenda e Renzi, il "duo sfascia-tutto", la lista di quello che hanno distrutto

Pietro Senaldi
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Attenzione, pericolo caduta massi al centro. Poveri elettori moderati, timorosi del centrodestra e delusi dalla sinistra di Letta, che sono tentati di affidarsi a Calenda e Renzi. I due non sono ancora fidanzati, ma il piano inclinato della politica li porta a un'intesa inevitabile, nel segno dell'Agenda Draghi, sopra la quale giusto ieri il segretario dem ha sputato, esibendosi in una piroetta degna del peggior Di Maio. Renzi e Calenda si fanno orgogliosi argine alle destre, alle sinistre e all'antipolitica. Se gli italiani, che pure sono disgustati dal Palazzo, sfibrati da oltre dieci annidi governo rosso con diverse declinazioni e nessun mandato popolare, lividi con l'anticasta e portati al centrodestra dall'inerzia più che da solide convinzioni, attribuiscono alla premiata ditta dei centristi competenti, sommati, una percentuale inferiore a quella che regalano agli smandruppati grillini di Conte, qualcosa vorrà pur dire.

 

 

 

BULIMIA DI POTERE

L'interpretazione più naturale è che ormai gli elettori hanno fatto la tara a questi due straordinari piazzisti di loro stessi, il gatto e la volpe, due furbacchioni che pretendono di vendersi come salvatori della patria ma, visti i curriculum, avrebbero fortuna solo se aprissero un autoscontro; perché altro che rottamatori, sono sfascia carrozze. E se pure hanno qualche talento, questo va a loro ulteriore colpa, e non merito, visto quanto maldestramente lo usano. Renzi aveva l'Italia in mano. Non perché se la fosse guadagnata, ma per l'abilità com cui l'aveva sottratta al Pd, del quale per un po' si finse anche segretario. La sinistra, che veniva da leader dalla personalità polverosa, discussa e provinciale, da Epifani a Bersani, da Franceschini a Cuperlo, gli si consegnò in trance. Lui non ebbe la cortesia di ringraziare, tradì una bulimia di potere senza argini, una capacità di mediazione politica inesistente, un'ambizione fastidiosa e una ferocia imperdonabile. Fu così che alla prima occasione il Paese gli fornì il benservito e, malgrado dopo non ci sia stato di meglio, nessuno lo rimpiange. Anche perché su scuola, conti pubblici, immigrazione e finanche giustizia - la conversione avvenne dopo la perdita di potere - fece più danni che altro. Il Matteo fiorentino si è costruito da solo e da solo si è rottamato, avendo sostituito il sogno offerto agli italiani con l'esibizione dei propri prosaici affari. Sempre meglio di Calenda, l'altro panzer in cristalleria, la cui autostima è tale da averne precluso le possibilità di vincere ancora prima della partenza. Ha ragione a non volere la sinistra nella sua alleanza, ed è vero che Letta aveva fatto un pasticcio impresentabile, scindendo l'alleanza di governo da quella elettorale, che è un po' come fare il minestrone e poi, quando è servito in tavola, spiluccare solo patate e carote. Però era tutto scritto sul menù, quindi Carlo non può giustificarsi: è un killer a sangue freddo, aveva programmato tutto.

 

 

 

ATTACCABRIGHE

La cosa che accomuna davvero Renzi e Calenda non è la tensione verso il Centro e la moderazione: sono entrambi dei dittatori, e neppure la stima verso Draghi, del quale in cuor loro si ritengono superiori, perché baciati dal talento politico e oratorio. Quel che li affratella è di essere due inaffidabili attaccabrighe persuasi di non dover rendere conto a nessuno, convinti come sono e come ostentano che gli italiani siamo solo un branco di smemorati coglioni. Potrebbero farcela a ingannarli, non fosse che, come Conte e Letta, hanno sbagliato il vestito da mettersi per l'occasione. Non puoi proporti come l'uomo che salverà l'Italia dalla tempesta se cambi rotta ed equipaggio ogni cinque minuti e se la sola strategia che conosci è puntare gli scogli a tutta forza. Vero signor Letta? A proposito, che l'Agenda Draghi nom fosse cosa lo pensava anche prima della crisi? E da quando?

 

 

 

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