Gianni Agnelli? "Quando Diego Della Valle...": il clamoroso aneddoto di Vittorio Feltri
Di seguito, pubblichiamo il ritratto di Diego Della Valle firmato Vittorio Feltri: compare nel libro "Com'era bello l'inizio della fine", pubblicato per Mondadori dal fondatore di Libero.
Sono trascorsi già oltre trent'anni dal giorno in cui conobbi Diego Della Valle. Correva l'anno 1990 e la di lui azienda era già importante, quantunque non fosse ancora il colosso che da lì a poco ebbe a diventare. Diego era poco più che trentenne e aveva già dato prova di possedere un talento imprenditoriale piuttosto spiccato, direi straordinario, ossia fuori dagli schemi. L'incontro avvenne in un ristorante di Milano, il St. Andrews, e a combinarlo fu Maria Luisa Agnese, mia vice direttrice all'Europeo, la quale conosceva già Della Valle poiché, allorché ella lavorava a Panorama, aveva fatto servizi riguardanti il noto imprenditore e i suoi marchi. Durante il pranzo lo interrogai, sebbene - in questo sono un giornalista forse atipico - non sia animato da una sviscerata curiosità nei confronti degli altri, a meno che l'individuo che mi sta innanzi non abbia in sé qualcosa di speciale e che io riesca a percepirlo.
Con i suoi modi, il suo garbo, la sua educazione, tipicamente meridionale, Diego aveva catturato la mia attenzione e, conversando, ossia ascoltando i suoi ragionamenti, con piacere mi resi conto che il giovane era un fuoriclasse. Da quel momento cominciammo a incontrarci spesso, abitudine che manteniamo tuttora, anche se i nostri pranzi, o meglio, le nostre cene, sono sporadiche. Quando si trovava a Milano, non mancava di telefonarmi. Diego ha la capacità di farti sentire il suo affetto e la sua amicizia ma senza smancerie. E in questo siamo molto simili. Con l'intercessione del nostro amico, Luca Cordero di Montezemolo, o Monte Prezzemolo, Diego aveva messo a segno un colpo formidabile. E pure da questo si evince il suo spiccato e incontenibile spirito imprenditoriale e affarista: era riuscito a fare indossare al mitico Gianni Agnelli, ritenuto già in vita una icona di stile ed eleganza, le poi celebri scarpe con i chiodini di gomma, inventate proprio da Diego.
Sia chiaro. Agnelli non se le infilò per fare un favore a Della Valle. Le provò, forse con un po' di scetticismo, e dopo non volle più togliersele. L'avvocato se le sentiva comode, come si usa dire, e, quando prendeva parte a qualche talk televisivo e accavallava con ineguagliabile nonchalance una gamba sull'altra, ecco che si svelava sfacciatamente la suola bizzarra, particolare, strana. Scelta felice e intelligente, in un nano secondo le scarpe con i chiodini erano divenute emblema di classe oltre che ambitissimo status-symbol. Il successo della calzatura ideata da Della Valle fu strepitoso e tuttora resta una delle più imitate del pianeta Terra. E non escludo che i mocassini di Diego vengano indossati persino su Marte.
L'INVITO AL PAESELLO
Il grande vantaggio di Diego, ovvero l'elemento che lo pone un gradino o più al di sopra degli altri, è costituito dalla sua più grande virtù, l'umiltà. Egli è rimasto un ragazzo di provincia, marchigiano, abitante di un piccolo paese, al quale Diego è visceralmente legato. E pure in questo non differiamo. Un giorno mi invitò a casa sua, nel suo paesello, Sant'Elpidio. Erano ancora gli anni Novanta, io ero passato già da un pezzo alla direzione del Giornale. Fui accolto in questa villa meravigliosa, imponente, gigantesca, dove mi fermai pure a dormire dal momento che il giorno seguente avrei dovuto prendere parte in qualità di concorrente ad una gara di trotto, la quale si sarebbe tenuta non lontano da lì, ovvero a San Giorgio, dove si trovava un ippodromo molto importante. Diego non soltanto mi trattò da ospite onorato, ma compì di più, molto di più, forse troppo di più: si offrì addirittura di accompagnarmi a San Giorgio e lo fece con un elicottero, mica in macchina. Avremmo dovuto percorrere forse quindici chilometri, il tragitto dunque era breve, farlo a bordo di un velivolo mi appariva lievemente insensato e poi io ho il terrore di volare dopo la mia esperienza nei cieli alla volta di Palermo con Marco Pannella, ma questa è un'altra storia.
Ad ogni modo non ebbi il coraggio di rifiutare la cortesia di Diego e fui costretto a vincere la mia fobia senza lasciarla tracimare neppure attraverso una impercettibile espressione facciale. Diego mi scortò fin dentro l'ippodromo con l'elicottero, mi preservò persino dalla fatica di compiere un solo passo, mancava solamente che gareggiasse al posto mio. Fatto sta che ero talmente emozionato e agitato per l'esperienza che nella gara non vinsi, anzi diciamo pure che perdetti clamorosamente, sebbene - senza falsa modestia - fossi avvezzo ai trionfi in questo genere di competizioni. Non ripartii per Milano quella sera, bensì mi trattenni ancora nei luoghi natali di Diego, il quale aveva combinato una sorta di incontro pseudo-culturale con i suoi concittadini, una conferenza nel corso della quale insomma discettammo più di vita che di politica, anche perché la vita è l'unica cosa che interessi sul serio alla gente. Intrattenni la platea tessendo l'apologia e l'esaltazione della cultura della provincia. Chi nasce lontano dai grandi agglomerati urbani, dalle metropoli, non è né tagliato fuori né tantomeno penalizzato in quanto per uscire dall'anonimato, dal conformismo tipico provinciale, devi realizzare qualcosa di eccezionale, distinguerti, emergere, essere diverso. E c'è chi, come il nostro Della Valle per l'appunto, si industria per riuscire, animato da una passione fuori dal comune.
Diego ricevette in eredità dal padre, persona abile, una piccola officina di scarpe e quella piccola fabrichetta il figlio l'ha fatta diventare un brand internazionale del lusso. Oggi in tutto il mondo si vendono i suoi prodotti made in Italy e questo signore ha una abilità diabolica nell'anticipare i gusti e le tendenze del mercato. Coglie le nuove mode e le impone. Nel marketing, dopo l'operazione Agnelli, ha seguitato ad azzeccarle tutte. Ultimamente, ad esempio, ha preso l'influencer Chiara Ferragni come testimonial e, non appena ciò è avvenuto, il marchio di Della Valle in borsa è schizzato a livelli importantissimi. Quelle di Diego sono intuizioni prodigiose. Nonostante non ami particolarmente il calcio, Diego ha investito pure in questo settore, acquisendo diversi anni fa la Fiorentina, di cui Andrea Della Valle è stato presidente. La squadra versava in uno stato di difficoltà estrema ed era crollata come categoria, ma con l'arrivo dei fratelli Della Valle essa ha risalito la china e pure velocemente. Insomma, qualsiasi cosa Della Valle tocchi essa diventa oro.
TAVOLA ROTONDA
Il mio amico è tipo abbastanza stravagante. Ogni anno mi offre ospitalità nella splendida Capri, dove ha una casa molto bella, eppure io declino l'invito, dato che non vado matto per le trasferte, sono tipo piuttosto sedentario. Tuttavia partecipo con piacere alle frequenti cene che Diego organizza nella sua abitazione di Porta Venezia, a Milano, a pochi passi dalla sede di Libero. Gli ospiti abituali, tra cui Marco Tronchetti Provera, Carlo Rossella, banchieri, industriali, c'è un po' di tutto, vengono radunati intorno a questa tavola rotonda e lì si discute, ciascuno esprime la sua opinione, si parla altresì di politica, va da sé, tuttavia sempre in tono un po' scherzoso. Diego Della Valle è il padrone di casa più squisito che si possa immaginare, sebbene non sia nato in una famiglia aristocratica da ogni suo gesto trapela una rara signorilità. Sorprende, ad esempio, il modo in cui egli riesce a mettere ciascuno a proprio agio, a partire dall'assegnazione dei posti a sedere, sempre compiuta con estremo equilibrio e intelligenza, passando per un menù semplice, mai sofisticato.
Qualche anno addietro, grazie a Diego, ho risolto un problema non poco pernicioso. Maurizio Crozza aveva preso a imitarmi in televisione e devo ammettere che guardandolo mi divertivo da matti, però la maniera in cui l'imitatore si conciava non era di mio gradimento e mi sembrava che non rispecchiasse affatto il mio stile. Allora mi recai in via Della Spiga, a Milano, in uno dei negozi di Della Valle per acquistare una giacca blu, Fay, del modello che io indosso non di rado, e inviarla a Crozza. Ho fatto di tutto per pagarla, ma non mi è stato permesso di mettere mano al portafoglio. Diego è così, la generosità fatta a persona. Da quel momento Crozza ha iniziato a vestirsi, anzi a travestirsi da Feltri, più decentemente, evitandomi parecchi mal di pancia.
Mentre durante la pandemia da coronavirus le aziende chiudevano, milioni di lavoratori si ritrovavano senza un impiego, una nuova organizzazione del lavoro, basata sul cosiddetto "smart-working" o "lavoro agile" ovvero da casa, si imponeva come abitudine di vita, Diego Della Valle, che non segue la corrente ma la traccia, ha costruito una fabbrica nelle Marche incrementando l'occupazione nella sua terra natia. Coraggio, o addirittura audacia, intraprendenza, modestia. Sono qualità che appartengono a Diego, il quale mi ha insegnato che l'umiltà non è mai segno di debolezza. Essa è una forza. Anzi di più, è potere. E quel potere lo avverti quando vedi Diego, che se ne sta in silenzio e osserva e ascolta tutti. In questo egli mi ricorda molto un altro grandioso imprenditore italiano, Antonio Percassi. Sono uomini non elaborati, con l'animo da colomba, con i piedi per terra e l'orecchio sempre rivolto verso il basso, i quali, allorché maturano una certezza, vanno avanti per la loro strada con testardaggine, credendo fermamente in quello che fanno. Ed è così che raggiungono i loro obiettivi e fanno valere la loro visione. Per compiere cose eccezionali occorre ascoltare, è innanzitutto questo il segreto. Ma cosa vi è di più difficile per l'essere umano?