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Giuseppe Conte, Vittorio Feltri: dove passano muoiono i partiti. Più distruttivo di Attila

Giuseppe Conte

Vittorio Feltri
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Quando il professorino e avvocatino senza infamia e senza lode Giuseppe Conte da Volturara Appula fece capolino sulla scena politica, condotto per mano dal talent scout Alfonso Bonafede, il quale ne aveva evidenziato intangibili doti, il Movimento Cinque Stelle aveva appena toccato il picco dei consensi con un 33% dei voti raggiunto alle elezioni del marzo del 2018, pari a circa 11 milioni di voti. Badando bene di mantenersi sempre un passettino indietro rispetto a tutti, persino a se stesso, conservando così un profilo basso e modesto (l'unico che gli si addica davvero), l'illustre sconosciuto Giuseppi si distinse da subito per l'eccezionale inconsistenza.


Sapeva tenere il capo chino, consegnare il palcoscenico ai suoi due vice, ossia Luigi Di Maio e Matteo Salvini, esprimendo in tal modo tacita e ossequiosa riconoscenza a chi gli aveva permesso di uscire dal perimetro dell'anonimato, a cui sembrava condannato per innata vocazione, per varcare la soglia dell'agone politico e della popolarità. Una popolarità di cui Giuseppe era assetato, evidentemente. Che insulto egli subì allorché fecero cadere il suo governo, non una, bensì due volte! Di tornare ad una esistenza priva di riflettori non gli andava proprio giù.

 

 


COLPO DI GRAZIA
E, nonostante i demeriti, il comico Beppe Grillo lo ha voluto a tutti i costi a capo del Movimento, affinché gli desse la botta finale, ossia il colpo di grazia. Da quando egli è comparso, le stelle sono in caduta libera. E sarebbe poco onesto non riconoscergli codesto risultato. Era sovranista e populista nell'estate del 2018, in quella del 2019 era già diventato europeista ed ecologista nel giro di una notte. In quella del 2022 si dice fervente progressista, molto più di Letta, garantisce, dato che Conte adora essere il primo degli ultimi. Ignoriamo cosa il professorino di Volturara Appula sarà nell'estate del 2023, però siamo pronti a scommettere che egli avrà del tutto disintegrato il Movimento che il comico con aspirazioni politiche gli ha consegnato incoscientemente nelle mani. Qualche settimana fa correva la voce che Mario Draghi avesse telefonato a Grillo per chiedergli un favore, ossia di liberarlo da quel gatto attaccato ai maroni che continuava a fare ostruzionismo, ossia da Conte.

 

 


Quest' ultimo non l'ha presa bene, tanto che ha ordito il crollo dell'esecutivo Draghi: "Tu mi hai provocato, e mo' io non ti voto la fiducia". Eppure quanta saggezza c'era nelle parole dell'ex presidente della Bce, ammesso che quella telefona ci sia stata. Conte assomiglia ad Attila, dove passa lui non cresce erba. Asfalta consensi, fa crollare i sondaggi, devasta il partito che guida, produce scissioni, rompe i coglioni. Se Giorgia Meloni è emblema di coerenza, Giuseppe Conte è emblema di incoerenza. Ogni dì è un uomo nuovo e non è mai prevedibile quello che ci riserverà. Mai personaggio fu tanto sopravvalutato quanto costui.


PALLIDA METEORA
Nel periodo del suo governo veniva dipinto dalla stampa alla stregua di un dio. Si sosteneva che un suo eventuale partito avrebbe incassato milioni di preferenze e che Giuseppi fosse il più amato dagli italiani, come fosse Raffaella Carrà. A queste stronzate non ho mai creduto, perché di meteore pallide come Giuseppe io ne ho viste passare parecchie e sono in grado di riconoscerle, in particolare dalla totale assenza di personalità. Conte è uno, ma è anche nessuno ed è anche centomila. Perché Grillo, che pure ne riconosceva la mancanza di visione politica e pure di capacità imprenditoriale, abbia accettato di tenerselo sul groppone costituisce un enigma. L'avvocatino è risorsa di cui liberarsi e non risorsa da porre al vertice di un movimento già barcollante.

 

 

Conte esclude che il M5s possa creare una nuova alleanza con il Pd, perché, a suo dire, «che rapporto può avere il Movimento con una forza politica che sta chiudendo accordi da Calenda a Di Maio a Renzi a Brunetta a Carfagna?». E aggiunge: «Questa è un'ammucchiata dove noi non ci potremmo mai ritrovare. La politica fatta così significa tutto e il contrario di tutto». Qualcuno, per favore, ricordi a Giuseppe Conte che fino a pochi giorni fa il suo Movimento stava allegramente al governo con le persone soprammenzionate. Forse ribatterà che erano altri tempi quelli in cui a lui le ammucchiate piacevano tanto. Giuseppe Conte: un nome, una unica garanzia. Il fallimento.

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