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Volodymyr Zelensky e first lady in posa tra le macerie: se la lotta si fa su "Vogue"

Maurizio Stefanini
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Ha fatto bene la First Lady ucraina Olena Zelenska a posare per un servizio di copertina della nota rivista di moda Usa Vogue per sostenere la lotta del marito contro l'aggressione di Putin? «Il ritratto del coraggio: Olena Zelenska» è il titolo, con la famosa fotografa americana Annie Leibovitz come autrice degli scatti, Rachel Donadio autrice dell'intervista, nella serie delle immagini si vede anche col marito all'interno del palazzo presidenziale, in un abbraccio con lui mentre entrambi guardano con stanchezza, tra le macerie dell'aeroporto di Kiev con un gruppo di soldati. «Questi sono stati i mesi più orribili della mia vita e la vita di ogni ucraino. Non vediamo l'ora di vincere. Non abbiamo dubbi che prevarremo. E questo è ciò che ci fa andare avanti».

 

 

 

GARA DI GLAMOUR

L'articolo racconta poi che Olena a Washington ha visto Biden, la First Lady Jill e il segretario di Stato Antony Blinken, parlando anche a un gruppo bipartisan di membri del Congresso, «da madre e figlia, non solo da first lady», mostrando le immagini di bambini ucraini uccisi dai razzi russi e chiedendo di fornire più armi all'Ucraina. Scontati i sarcasmi dei filo-Putin, che insistono da sempre sulla mancata serietà di un presidente che era prima attore. Ma a parte che sarebbe lo stesso curriculum del vincitore della Guerra Fredda Ronald Reagan, non è che il presidente russo quanto a mania per il glamour scherza neanche lui: tra foto a cavallo a torso nudo, da palombaro o da judoka; video in cui suona il pianoforte come un bambino di 7 anni alle prime lezioni; auguri di compleanno su YouTube da cantanti come Riccardo Fogli, Pupo e Al Bano (il quale ultimo, peraltro, dopo l'invasione dell'Ucraina ha fatto un pieno mea culpa sostenuto anche da meritoria accoglienza a profughi del conflitto). Da appurare se una serie di perplessità che sono apparse sui Social siano effettivamente provenienti da ucraini arrabbiati o non piuttosto da troll. Una critica dura è venuta però da Ian Bremmer: noto politologo statunitense, presidente e fondatore di Eurasia Group, una società di ricerca e consulenza sui rischi politici con sede principale a New York, e anche uno dei fondatori della società di media digitali GZERO Media. Specialista in rischio politico globale, Bremmer ha condiviso le foto della coppia presidenziale ucraina su Twitter con un commento che difende Zelensky in linea generale, ma lo stronca su questo punto in particolare. «Zelensky ha fatto un lavoro straordinario nel battere i russi nella guerra dell'informazione». Ma «servizio fotografico di moda in tempo di guerra: pessima idea». In compenso, alcuni noti guru dell'immagine sembrano entusiasti. «Le polemiche sorte intorno alle foto scattate a Olena e Volodymyr Zelensky per Vogue mi sorprendono per la loro inutilità», ha commentato ad esempio Oliviero Toscani, lodando la Leibovitz. «Lei è una professionista: ha realizzato degli scatti seri, molto umani. Una cosa rara», «Leibovitz sa come fotografare le persone, non si improvvisa. A differenza di tanti altri fotografi». Mentre il fotoreporter spagnolo Manu Brabo, Premio Puluzer, a un collega stigmatizzava la «frivolezza» di Zelensky mentre «obbliga gli ucraini a morire»: «al di là di questa "frivolezza" (con cui raggiungerà più milioni in aiuti col raggiungere obiettivi in Paesi ricchi). Per quanto ne so io, qui quello che obbliga a morire gli ucraini è Putin con le forze armate della Federazione Russa».

 

 

 

MIMETISMO

Niente di nuovo sotto il sole, in realtà. Benjamin Franklin, ad esempio, era un intellettuale proveniente da quella Philadelphia che era una delle città più raffinate del Nord America, e quindi abitualmente vestiva da persona normale. Ma quando la Rivoluzione Americana lo spedì in Francia a cercare aiuto per l'Esercito Continentale di Washington ai parigini si presentò apposta con abiti rustici e un cappello di pelliccia che non corrispondevano affatto al modo in cui i suoi compatrioti si abbigliavano, ma al modo in cui gli intellettuali illuministi se li immaginavano. E tutti andarono in estasi, al vedere «il filosofo che viveva al contatto con la natura». E Washington ne ebbe gli aiuti che servirono per far diventare gli Stati Uniti indipendenti. 

 

 

 

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