Pd, i volontari e quel ritornello stanco sull'antifascismo
E vai con i centomila volontari in perlustrazione antifascista. Se si trattasse solo di fare un dossier vigilante sui quattro fessi a braccio teso che tengono viva la militanza della Repubblica Bella Ciao sarebbe già desolante.
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Ma la mobilitazione elettorale progressista in piega antifascista, col segretario Enrico Letta che officia al cimento la capacaseggiato «nata il 25 aprile, un segno del destino», adempie a un fine diverso. E cioè dare giustificazione ideologica e retorica alla difesa di un patrimonio antifascista che non sta nel ripudio della violenza politica e dell'autoritarismo e nella riaffermazione delle libertà costituzionali roba che semmai bisognerebbe imparare a scuola, non nei comizi - ma nelle comodità repubblicane dei diritti acquisiti, a cominciare da quello di studiare e lavorare poco, nel conformismo di un'informazione che socializza una cultura miserabilista e sbianchettata, nella divulgazione di un protocollo civile perennemente auto-assolutorio, con il clima, la povertà, l'ingiustizia sociale, il degrado delle periferie, il precariato, il calo delle nascite, il caro bollette e insomma il mondo incattivito messo sul conto delle colpe sempre altrui, e amen se è un po' complicato dimostrare che non è propriamente il rigurgito antifascista ad aver tenuto gli stipendi sotto il livello di trent'anni fa e i servizi pubblici sotto quello che farebbe incazzare un congolese. La sinistra che implementa l'agenda Draghi ripartendo dai centomila antifascisti. Mica male.
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