2 giugno, i pacifisti si scagliano contro la Festa della Repubblica: lo sfregio ai nostri militari
Giù le mani dalla parata del 2 giugno. Mera utopia, purtroppo. Puntuali come un orologio svizzero, arrivano i teorici del disarmo e, guarda un po', in qualche caso sono le stesse voci che, negli scorsi mesi, si sono levate in critica alla scelta di difendere l'Ucraina dalle brame neoimperaliste di Putin. E proprio in un momento storico in cui si afferma l'ineluttabilità di avere un solido e ben visibile comparto di difesa, con uomini e donne ben equipaggiati e formati, "loro", i cantori dell'ideologia pacifista, ci vorrebbero scoperti, esposti, sguarniti nei confronti di qualsiasi minaccia che pende sulla nostra testa, foss' anche quella del terrorismo. E se proprio si devono possedere, quelle armi, allora meglio nasconderle.
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Così, l'attore Ascanio Celestini, parlando all'Adnkronos, osserva che la parata «non è la maniera migliore per celebrare la Repubblica, considerando che sono state proprio le armi a mettere più volte il nostro Paese in pericolo». L'artista osserva che «stiamo attivamente partecipando alla guerra, noi più di altre nazioni perché siamo uno dei Paesi che ha più basi Nato sul proprio territorio con testate nucleari, sarebbe stato probabilmente il caso di seguire l'onda degli ultimi due anni per evitare una celebrazione con le armi». Idee alquanto confuse. Perché stiamo sì inviando armi all'Ucraina, ma la Nato non ha attivamente preso parte al conflitto e dunque dalle basi italiane non partono, per dire, aerei che vanno a bombardare alcunché.
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Ma qui viene il bello, perché Celestini si incarta in un'elucubrazione pseudostoriografica. Le armi e la Repubblica, secondo lui, «non sono mai andate di pari passo. Non a caso nel 1964 il Colpo di Stato venne organizzato dai Carabinieri contro la Repubblica». Carabinieri golpisti, quindi. Peccato che quel golpe non si verificò mai e sulla reale portata del piano Solo ci sono testimonianze e ricostruzioni discordanti (magari Celestini potrà leggere il recente volume di Mario Segni, figlio di Antonio, presidente della Repubblica dell'epoca). Perplesso sulla parata è anche Moni Ovadia: «È una manifestazione di potere - osserva sempre all'Adnkronos - facciano pure, la cosa non mi stupisce». E aggiunge: «La retorica militarista è sempre uno strumento per cercare di gettare fumo negli occhi e per non occuparsi di altri problemi ben più gravi». Insomma, una buona dose di benaltrismo che non guasta mai. Di «cosa che non ha più senso» parla invece Emanuele Dessì, senatore ex pentastellato, oggi con l'effige del Partito Comunista. Mentre il Segretario generale del "Sindacato dei militari", Marco Comellini, punta il dito contro «trombe, trombette e tromboni», in «una parata militare che, a nostro avviso, oggi appare ancor più inutile e inopportuna». Insomma, se oggi si svolge la sfilata dei Fori Imperiali, è già finita la controsfilata delle chiacchiere. Arrivederci al prossimo anno.
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