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Ddl Zan, basta balle: dire no al disegno di legge del Pd non significa "odiare"

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Iuri Maria Prado
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L'altro giorno l'onorevole Alessandro Zan ha dichiarato che «Oggi lo stato e le istituzioni, non approvando una legge contro i crimini d'odio, stanno dalla parte degli aggressori».
Chiaramente si riferiva al disegno di legge che prende il suo nome: quello cosiddetto contro l'omotransfobia e che, per combatterla, istituisce una Giornata Nazionale precettando le scuole e le amministrazioni pubbliche a farne celebrazione; quello che "fa salve" (testuale) «la libera espressione di convincimenti od opinioni» e le «condotte legittime» (ma non lo dice già la Costituzione?), «purché» non siano idonee a determinare atti di discriminazione (in pratica, opinioni e convincimenti in libertà condizionata); quello, infine, che a presidio di questa normativa contro l'odio mette tanta amorevole galera arcobaleno. Ora, si può sperare che sia ancora una "condotta legittima" denunciare l'insensatezza e l'illiberalità di un simile proposito normativo senza per questo essere, come denuncia l'on. Zan, «dalla parte degli aggressori». C'è gente che si oppone al ddl Zan perché vuol rivendicare il diritto (che non esiste) di insultare o picchiare qualcuno perché è gay o transessuale? D'accordo, i sostenitori della riforma se la prendano con quella gente, e noi ci associamo: ma la piantino di dire che chiunque la avversi sta dalla parte degli aggressori. Stiamo semplicemente dalla parte dove c'è un altro concetto di civiltà, di diritto, di libertà.

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