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Matteo Salvini, il salone del libro di Torino lo bandisce e poi grida contro la censura

Matteo Salvini

Gianluca Veneziani
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Ma come, proprio voi che avete messo al bando una casa editrice solo perché "rea" di essere di destra? E proprio voi che guidate una kermesse dove certi editori e autori sono stati guardati con sospetto e disprezzo perché di idee conservatrici (grave infamia)?
Ce ne vuole di scarso senso della vergogna e del ridicolo per organizzare al Salone del Libro di Torino, in programma in questi giorni, un incontro anti-censura che lancia l'allarme contro il rischio di bavaglio alla libertà di espressione.
 

L'APPUNTAMENTO - L'iniziativa dell'Università Cattolica, il cui laboratorio di editoria diretto da Roberto Cicala ha messo a punto una ricerca sui tanti casi di limitazione del diritto di parola in letteratura, intitolata Guerra ai libri. Casi editoriali di censura (Educatt), è indubbiamente meritevole. Spaziando da Orwell a Harry Potter fino alla graphic novel e arrivando agli esempi di "libertà condizionata" di oggi al tempo del conflitto in Ucraina, il testo racconta una guerra che non si avvale di armi convenzionali ma imbavaglia autori che hanno sfidato le regole etiche del loro tempo; «una guerra parallela alle parole che, dalle pagine cartacee o digitali di libri e giornali, mina la libertà di espressione di chi si industria con ogni tentativo possibile per non farsi colpire», «in tempo di politically correct e di cancel culture». Ci sarebbe da fare un plauso, da dire "evviva evviva" per un libro coraggioso contro i "roghi dei libri". Ma è piuttosto singolare, proprio per il tema trattato, che la presentazione avvenga al Salone del Libro (oggi in Sala Madrid, ore 13.45), cioè la kermesse che tre anni fa ha messo al bando la casa editrice di destra Altaforte, addirittura revocandole lo stand e impedendo la presentazione del libro Io sono Matteo Salvini di Chiara Giannini. La ragione?

 

 

Altaforte era troppo di destra per partecipare al Salone del Libr(ett)o Rosso.
Ma gli episodi di tentata censura o pressione psicologica su scrittori ed editori non conformi al Pensiero Unico si sono ripetuti, in modo più idiota che inquietante a dire il vero, negli ultimi anni. Prima le liste di proscrizione stilate, nell'edizione del 2019, dall'allora membro del comitato editoriale del Salone, Christian Raimo (poi dimessosi), contro autori "colpevoli" di essere conservatori e sovranisti, come Alessandro Giuli, Francesco Giubilei, Francesco Borgonovo e Adriano Scianca, additati senza alcun fondamento di promuovere «idee neofasciste» e di sostenere «un razzismo esplicito».
 

CAMPAGNA DEL FANGO - Poi la nuova campagna del fango, in occasione del Salone del Libro dello scorso anno, portata avanti dal Fatto quotidiano, con un pezzo che accusava due stimate case editrici presenti alla rassegna torinese, Idrovolante di Daniele Dell'Orco ed Eclettica di Alessandro Amorese, di essere «fasciste» solo perché hanno nel proprio catalogo, tra centinaia di altre opere, anche i discorsi sulla rivoluzione di Mussolini e testi dedicati a Giorgio Almirante e Adriano Romualdi (dimenticandosi che Almirante è stato per decenni parlamentare della Repubblica e che libri su Mussolini li pubblica perfino Mondadori...).

 

 

Ma funziona così, a sinistra. Bisogna indignarsi per la censura e rivendicare la libertà di espressione come diritto inalienabile, tranne quando la censura riguarda la destra.
In quel caso non solo essa è lecita, ma doverosa. A conferma che, oltre che da odio ideologico, il bavaglio culturale nasce dal timore rosso di vedere minacciata la propria egemonia culturale.
Ma vogliamo sperare che l'incontro di oggi contro la censura sia una forma di resipiscenza: forse gli intellò di sinistra si sono accorti che, a furia di bandire questo o quell'autore, si induce il lettore a trasgredire, cioè a comprare i loro libri. O forse i compagni del Salone si sono ricordati di quello che dicevano i sessantottini: vietato vietare...

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