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Stefania Craxi affonda Giuseppe Conte: "Perché il grillino si piegherà ancora", un leader finito

Pietro Senaldi
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La legge del contrappasso stecchisce i grillini. Gli eredi del giustizialismo di Tangentopoli si vedono votare in faccia la figlia di Bettino Craxi, l'uomo identificato come il male assoluto dai manettari d'Italia. È Stefania la nuova presidente della Commissione Esteri di Palazzo Madama. La senatrice nel nome del padre ha prevalso sul pentastellato Ettore Licheri, nipote del più noto zio Sante, ex giudice di Forum, Canale 5, nonché candidato a perdere preferito dal leader Conte. Già nel novembre scorso l'avvocato Giuseppi lo bruciò come capogruppo di M5S in Senato; allora il gregge a Cinque Stelle gli preferì Mariolina Castellone, indicata da Di Maio. Licheri è il terzo grillino che viene infiocinato dal Senato nel giro di dieci giorni nel ruolo che ora è della Craxi. Gli altri erano stati Vito Rosario Petrocelli, costretto alle dimissioni per essersi virtualmente tatuato in fronte la "Z" che Putin fa dipingere sui carri armati e le divise dell'Armata Rossa, e Gianluca Ferrara. Costui è stato ammazzato in culla da se stesso, dopo che la sua candidatura ne aveva fatto emergere la cotta per Mosca e gli interventi parlamentari con più congiuntivi sbagliati che in un discorso del ministro Di Maio prima maniera, perché ora Luigino ha studiato. Si tratta di tre maoisti, ancor prima che putiniani, che nessun Paese occidentale può pensare di presentare come presidente della Commissione Esteri.

 

 

 

RISCHIO SPACCATURA

Benché abituato ormai alle sberle del Parlamento, Conte ha strepitato a lungo per la malaparata. «C'è una nuova maggioranza, che va da Italia Viva a Fratelli d'Italia» ha sibilato il leader umiliato, a ventilare una crisi di governo che però non ha nemmeno la forza di minacciare. L'analisi del mazziato sarebbe anche condivisibile, considerato che per una volta l'ex premier aveva potuto contare sull'appoggio pressoché totale del Partito Democratico. Quel che però non farà mai Conte è la sintesi. Se solo il traballante capo dei grillini accennasse ad andarsene infatti, anziché cadere l'esecutivo, si spaccherebbe il suo partito. In Parlamento ci sono oltre cento appartenenti al Gruppo Misto, molti dei quali provenienti proprio da M5S, che in quattro annidi governo è passato dal 34% dei voti al 13% dei consensi- gli ultimi tre punti persi proprio sotto la direzione Conte -. Quando la massa informe è così imponente, e per di più è circondata da schieramenti divisi, che inscatolano partiti a loro volta divisi, non comandano più i leader ma la gelatina degli onorevoli senza padrone, tutti quasi certi di essere all'ultimo giro di giostra. Niente paura quindi, l'avvocato Giuseppi che abbaia, poi non morde. A maggior ragione visto che, nel contesto, Stefania Craxi era la miglior scelta possibile, al punto che sembra fin strano che un Parlamento di sciamannati sia riuscito a votarla. Atlantista doc ma con il dna dell'uomo di Sigonella, colui che seppe dire no ai missili della Nato sul territorio italiano, e molti sostengono che proprio per questo in seguito perse il potere per via del golpe mediatico-giudiziario del 1992 che passa alla storia come Tangentopoli. È straniante che il partito dell'uno vale uno, della democrazia dal basso, del popolo sovrano, quando gli va male fatichi ad accettare un voto del Parlamento, che è la massima espressione democratica di un Paese. Non è l'unica contraddizione grillina, è più semplicemente quella di giornata. Però dimostra come, forse, Conte professa equidistanza tra Mosca e Kiev perché, sotto sotto, è come i russi, ha una concezione strettamente singolare e utilitaristica della democrazia, del nazismo, della diplomazia e di quant' altro.

 

 

 

LA VENDETTA

Fa piacere che questi travaglini, però privi di classe, subiscano, con l'elezione della Craxi, una sorta di vendetta di Montezuma che attraversa trent' anni di storia italiana. Anche se, a essere oggettivi, mezza cosa giusta Conte l'ha detta. La maggioranza non è cambiata, più precisamente non c'è più. La grande coalizione che sostiene Draghi era nata sulla scorta di una doppia emergenza nazionale, quella legata alla pandemia fuori controllo e quella connessa alla scrittura e razionalizzazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, su come utilizzare i miliardi in prestito dall'Europa. Ora l'emergenza è mutata, c'è una crisi internazionale da gestire dalla quale dipenderà il nuovo equilibrio del mondo. Naturale che l'alleanza di fortuna pensata per altre battaglie si logori sempre più. Però ormai la situazione si è sfarinata al punto che, malgrado le minacce di Conte, la bomba non può esplodere, perché è già in mille pezzi. Si andrà avanti così, per inerzia, fino a fine legislatura, con maggioranze di fortuna e polemiche da piazzisti in cerca di argomenti da rivendersi in campagna elettorale. 

 

 

 

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