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Luigi Calabresi, Vittorio Feltri: perché l'esecuzione del commissario pesa ancora sulla coscienza della sinistra

Vittorio Feltri

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Spero di non tediare il lettore riproponendo un argomento già trattato ieri dal nostro bravo Renato Farina, cioè l'assassinio di Luigi Calabresi, commissario di Polizia, avvenuto mezzo secolo fa. Vorrei solo ricordare il clima dell'epoca in cui avvenne il delitto. In quegli anni maledetti io ero già giornalista e avevo potuto verificare che la violenza politica si era affermata nel nostro squinternato Paese. Era già avvenuta la strage di piazza Fontana, la quale segnò una svolta nella storia italiana. Gli investigatori cercarono disperatamente gli autori dell'ecatombe, arrestarono un anarchico che poi risultò innocente, un poveretto senz'arte né parte che patì le pene d'inferno prima di essere scagionato. Una regola ormai consolidata nella nostra giustizia pressappochista. Poi i sospetti di colpevolezza caddero su un altro anarchico, Pinelli se non ricordo male. Venne interrogato, strizzato, finché un brutto giorno costui non volò dalla finestra della questura. Suicidio o omicidio?

 

 

LA CONDANNA A MORTE - Nel dubbio, i cretini che si spacciavano per intellettuali, naturalmente progressisti, puntarono l'indice accusatore sul commissario Calabresi, uomo retto, perbene. Dicevano che fosse costui ad aver lanciato nel vuoto il povero Pinelli, così tanto per risolvere il caso. Il branco di intelligentoni scrisse un documento, cioè una sentenza di condanna a morte, contro il povero e innocente poliziotto, il quale pertanto passò pubblicamente per essere un criminale.

L'opinione diffusa, influenzata dal gruppo di accusatori scriteriati, si convinse che in effetti fosse stato il commissario a gettare al suolo il vecchio e incolpevole anarchico. Cosicché il terrorismo si mobilitò per giustiziare Calabresi. Quelli che firmarono il documento contro il dirigente delle forze dell'ordine erano centinaia, nell'elenco dei quali figuravano i personaggi di maggior spicco della cultura italiana, ovviamente la più conformista. Quelli di Lotta Continua, un gruppo di sbandati, pensò bene di organizzare un agguato per freddare il poliziotto. Una mattina Luigi uscì di casa per recarsi al lavoro e nei pressi della sua utilitaria fu stroncato a colpi di pistola. Morto e sepolto. I suoi carnefici elevati a eroi della giustizia proletaria.

 

 

LE RESPONSABILITÀ - La schifezza per anni passò sotto silenzio, finché uno degli omicidi, tale Marino, non si decise a confessare di aver partecipato all'agguato, coinvolgendo alcuni compagni. Le responsabilità della sinistra furono facilmente accertate e piovvero provvedimenti restrittivi nei confronti di vari assassini. Non faccio i loro nomi per pigrizia e anche perché ora sono tutti liberi o in attesa di estradizione dalla Francia a qui. Campa cavallo. Solo il capo di Lotta Continua ha pagato di brutto con il carcere benché contro di lui non ci fosse lo straccio di una prova. Si disse che l'ordine di stendere Calabresi venisse da Adriano Sofri, cosa assurda. Fosse anche vero che quest'uomo abbia detto ai compagni di finire il commissario, la responsabilità del suo decesso sarebbe comunque di chi lo ha provocato. Non esiste che se io dico a un mio giornalista di mandare al cimitero la portinaia, e lui ce la manda davvero, poi la colpa sia mia. In conclusione, il delitto Calabresi a cinquanta anni da quando avvenne continua ad essere una turbativa nazionale. Qualcosa di sporco che pesa sulla coscienza dei progressisti che firmarono il documento vergognoso che ne auspicava l'esecuzione.

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