Eurovision, Alessandro Sallusti: "La guerra a Putin si fa col televoto", le canzonette uniscono l'Ue
Se la guerra fosse decisa al televoto non ci sarebbe alcun dubbio sulla vittoria dell'Ucraina. Il successo del gruppo ucraino dei Kalush all'Euroviosion 2022, senza voler nulla togliere (si fa per dire) alla loro bravura canterina, è infatti un fatto politico più che musicale. Certo, per quei disgraziati asserragliati nei sotterranei della acciaieria Azovostal assediata e bombardata notte e giorno dai russi è una amara consolazione, penso che al trionfo dei Kalush dall'Europa avrebbero preferito qualche incertezza in meno e qualche arma in più. Ma si sa come vanno le cose nel ricco e tutto sommato tranquillo Occidente: fino a che c'è da solidarizzare dal divano del salotto siamo dei fenomeni, quando si tratta di sporcarsi le mani e rischiare un grammo delle nostre certezze allora iniziano i distinguo, i se i e ma.
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Votando a go go i Kalush, bravi artisti che mai in altri tempi avrebbero attirato la nostra attenzione, abbiamo fatto un capolavoro di ipocrisia per di più effimera. Perché da oggi nei nostri parlamenti, e in quello italiano in particolare, ricomincerà la guerriglia per sospendere gli aiuti militari ai genitori, ai fratelli e agli amici dei Kalush, condannandoli di fatto alla morte o nella migliore delle ipotesi alla schiavitù. In questo caso il detto popolare molto diffuso nella lingua italiana "canta che ti passa" appare come una bestemmia e andrebbe sostituito con un più efficace "spara che forse passerà". Ma mentre il primo è politicamente corretto e quindi ammesso, il secondo fa paura solo a pensarlo. Già, la realtà non è sul palco di Torino Eurovision bensì nelle strade di Mariupol, nelle periferie bombardate di Kiev e Odessa.
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"C'era un ragazzo che come me amava i Beatles e i Rolling Stones" è una famosa canzone del 1966 cantata da Gianni Morandi sull'assurditá della guerra, in quel caso il Vietnam, vista con gli occhi di chi pensava di salvare il mondo con la musica. Per carità, bellissimo sogno che sottoscrivo, ma quel ragazzo è morto perché ci sono vicende in cui non le chitarre, non i televoti bensì la politica, supportata dalle forze delle armi, deve confrontarsi fino a trovare un punto di accordo. Nell'attesa, non con il televoto ma con un voto parlamentare, non disarmiamo i Kalush.