Alessandro Sallusti: i nostri onorevoli sono tutti dei piccoli Vladimir Putin
Il Parlamento pare molto preoccupato per come le televisioni italiane trattano la guerra in Ucraina, al punto da investire della questione la commissione che si occupa della sicurezza nazionale. Non penso sia necessario essere uno 007 per vedere all'opera i propagandisti di Putin, basta accendere la tv. Alcuni di loro li conosco personalmente e più che paura mi fanno tristezza. Altro che agenti sotto copertura del Kgb, parliamo di colleghi in carriera devastati dal narcisismo e di vecchie glorie del giornalismo che non si rassegnano alla vita da pensionato e per loro ogni parte in commedia è buona per tornare davanti a una telecamera.
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Il vero pericolo non sono loro ma chi vuole zittirli per decreto. Guai a lasciare in mano alla politica la libertà di espressione. Se fosse per i politici di ogni ordine e grado, l'informazione andrebbe abolita e sostituita in ognuno di loro alberga un piccolo Putin - con la sola propaganda. Se, come oggi si sostiene, la propaganda andasse abolita dalla Rai, le prime cose da fare sarebbero chiudere il Tg1 ed eliminare cronache parlamentari e resoconti dei convegni di partito. Ma poi, fatemi capire. Quanti onorevoli abbiamo sentito criticare la Nato e l'Occidente? Quanti hanno pubblicamente sostenuto che Putin qualche ragione c'è l'ha, alla stregua dei Santoro e degli Orsini che impazzano in tv? Tanti, e allora che facciamo, chiudiamo il Parlamento? Chiediamo alla commissione che si occupa di servizi segreti di convocarli e interrogarli per accertare se sono spiedi Putin o se più semplicemente si sono bevuti il cervello?
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Di non mandare le armi a Zelensky lo dice Solovyev, il ventriloquo di Putin, da Giletti, ma anche Conte, leader del partito di maggioranza, a Porta a Porta. A me la cosa inquieta, ma censurare uno solo dei due non è un'onesta soluzione. Più la politica sta lontana dall'informazione, meglio è per la democrazia. Non perché i giornalisti siano meglio dei politici o abbiano più etica ma perché, come dicono a Milano, "ofelè fa il to mestè" (ragazzo, fai il tuo mestiere).