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Fisco e catasto, ecco la prova: perché il centrodestra fa bene a stare al governo

Pietro Senaldi
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Il centrodestra di governo segna un punto e costringe Draghi a stracciare il progetto di revisione degli estimi catastali, preludio di un aumento della tassazione sugli immobili nel giro di qualche anno. Il premier aveva sempre giurato che il cambiamento dei criteri di calcolo del valore delle case non avrebbe comportato aumenti di gabelle. Nessun presidente del Consiglio però, neppure Super Mario, può garantire quel che avverrà, o non avverrà, dopo di lui, e conoscendo il vezzo tassassino dei progressisti, Lega e Forza Italia non si sono mai accontentate delle autorevoli rassicurazioni dell'ex banchiere. Ora che è scritto nero su bianco che, malgrado le richieste dell'Europa, l'europeista Draghi non cambierà le regole del catasto, i proprietari di immobili possono stare tranquilli, almeno per un po', e la coppia Salvini-Berlusconi può rivendicare di fronte ai propri elettori la correttezza della scelta, dolorosa per i leghisti e un po' meno per gli azzurri, di sostenere il governo.

 

 

Solo lavorando da dentro si possono far cambiare le cose. Dai banchi dell'opposizione si riesce a crescere nei consensi, a marcare la propria identità, financo a dare qualche prezioso suggerimento al governo, che può pure essere seguito, ma non si può incidere se non per benevolenza altrui.

L'elettorato salviniano è insofferente a Draghi e al Pd più di quanto non lo sia quello berlusconiano, e perciò il leader leghista è calato nei sondaggi sostenendo il governo, mentre quello forzista ha patito meno. I tifosi del centrodestra spesso in questi mesi si sono trovati a disagio nel coabitare con grillini e piddini. Con la vittoria politica di ieri, Salvini e Berlusconi hanno dato un senso alle loro sofferenze. È stato fermato il partito delle tasse ed è stato possibile farlo solo perché Lega e Forza Italia hanno lavorato uniti, dimostrando che il centrodestra di governo, malgrado le maldicenze, è ben più compatto del versante giallorosso della maggioranza, che va sotto proprio perché si stadi giorno in giorno sgretolando sotto il peso delle sue contraddizioni, sempre più evidenti e meno sostenibili.

 

È la vera chiave di lettura della retromarcia di Draghi, che non può, specie in tempo di guerra, tenersi troppi fronti aperti. Il premier ha lanciato la sfida ai grillini di Conte, i quali come è noto non sono tutti i grillini, sull'eliminazione del super bonus casa e subisce l'offensiva del suo predecessore sull'invio di armi in Ucraina. La gamba sinistra gli zoppica e Super Mario deve appoggiarsi su quella destra, per reggere il peso di un esecutivo sempre più sotto le bombe. Poiché Berlusconi, Meloni e Salvini da soli non avevano i numeri per governare e Mattarella non avrebbe mai sciolto le Camere, è stata una fortuna per gli elettori del centrodestra che una parta di esso abbia deciso di sostenere Draghi. Non fosse andata così, oggi ci ritroveremmo con nuove tasse sulla casa, un aumento Irpef sui redditi, una patrimoniale allo studio, un bonus case confermato ad alzare ulteriormente l'inflazione, un reddito grillino intoccabile e un esecutivo sottoposto ai ricatti di Conte nella gestione della crisi ucraina. 

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