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Novara, il crocifisso distrutto: perché è necessario distinguere tra vandalismo e blasfemia

Iuri Maria Prado
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Intrufolarsi in una scuola in un giorno di chiusura, sporcare i muri con frasi offensive, rovinare i crocefissi appesi: serve dire che queste cose non si fanno, e che non si giustificano nemmeno considerando la giovane età dei piccoli vandali? Non serve, e dunque non si discute del fatto che sia riprovevole la balordata del gruppo di ragazzini che l'altro giorno si è lasciato andare a quei danneggiamenti in una scuola di Novara. Ma fa effetto che si tiri in campo il vilipendio della religione per il trattamento di un caso che non smetterebbe di essere inaccettabile se lo considerasse per quel che è, cioè il gesto irrispettoso con cui, appunto, si danneggia la proprietà altrui, che sia pubblica o privata poco importa. Tra l'altro mettere un presidio penale a tutela di un simbolo religioso (ma lo stesso discorso vale per le sanzioni contro il vilipendio di realtà politiche o istituzionali) non garantisce affatto il maggior rispetto del valore che si vorrebbe proteggere, e anzi eccita e virulenta il desiderio di profanarlo.

 


 

OTTICA LIBERALE - Non c'è diritto d'insultare quel simbolo, e nessun simbolo, perché è incorporato in una cosa che appartiene ad altri e perché c'è gente che ci crede: ma sono gli ordinamenti teocratici e autoritari quelli che puniscono il vilipendio dei loro simboli, ed è molto grave, almeno in ottica liberale, che nel nostro ordinamento rimangano archeologicamente impiantate quelle norme incriminatrici. Ai ragazzini che hanno compiuto quel gesto bisognerebbe domandare come si sentirebbero se un estraneo gli devastasse la cameretta o la collezione di felpe, piuttosto che punirli perché hanno offeso l'immagine di una divinità

 

 

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