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Hans Frank, l'avvocato dietro alla leggenda di "Hitler ebreo": come nasce il falso mito

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Claudio Siniscalchi
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Il Terzo Reich è una fucina immensa di leggende. Finito sotto le macerie nel 1945, lì il discorso si poteva sotterrare. Invece è diventato un oggetto bollente. Ma siamo sicuri che Hitler sia morto nel bunker? No! Per tutto il dopoguerra i giornali hanno ospitato storie, dichiarazioni sensazionali e fotografie sull'esistenza in vita del Führer. Era scappato da Berlino in fiamme su aereo. Imbarcato su un sommergibile, aveva raggiunto le Americhe del Sud. Anche Stalin - in possesso delle prove della morte - dubitava fossero vere. Almeno questo lasciava trapelare. Invece (oggi lo sappiamo) era strasicuro della scomparsa. Ma si divertiva a spaventare gli occidentali, tenendoli sulla corda. Nonostante sia defunto il Terzo Reich è sempre vivo e vegeto. Nell'editoria. Nella cinematografia. Nella televisione. Anche nella moda.

 

HUGO BOSS
Non tutti sanno che le divise delle SS vennero disegnate da Hugo Boss. Oggi si chiama «total black». È quello sgangherato dei Blues Brothers. O anche quello criminale delle «iene» di Tarantino. O, ancora, quello fantascientifico dei «men in black». L'ultima storia strampalata in ordine di tempo l'ha tirata in ballo nientepopodimeno che il ministro degli esteri russo. Una bomba davvero pesante. Deflagrata nelle mille sfaccettature della sfera mediatica. Hitler era ebreo. Ebreo?

Cerchiamo di capire da dove nasce la «balla». Innanzitutto, chiariamo un punto. I nazionalsocialisti fra di loro si accusavano a vicenda di essere ebrei. Non sfuggìall'accusa - priva di fondamento - forse il prodotto più ariano della «nomenklatura» hitleriana: Reinhard Heydrich. Portamento marziale, divisa attillata, magro, slanciato, spietato: invece di ripararsi nell'attentato di cui fu vittima a Praga, estrasse la pistola e fece fuoco. Il coraggio gli costò la vita. Anche il teorico dell'antisemitismo, Alfred Rosenberg, dovette giustificarsi. A chi notava nel suo cognome un chiaro riferimento al giudaismo rispondeva: sono un baltico di origine tedesca. 

Ma veniamo al Führer. A diffondere la bufala fu un nazionalsocialista di primissimo piano, Hans Frank, governatore della Polonia durante l'occupazione. Al processo di Norimberga, dove venne condannato a morte, giurò di avere dei documenti inoppugnabili per dimostrare che nelle vene di Hitler aveva scorso sangue giudaico. Il padre di Hitler era figlio illegittimo di un ebreo (il nonno) di cui non si conosceva l'identità. Frank sosteneva di conoscerla: si chiamava Leopold Frankerberger. Hitler stesso lo sapeva. Ma aveva occultato le prove. Tutti i ricercatori che seriamente hanno affrontato la materia sono giunti alla medesima conclusione: non è vero niente.

 

PERCHÉ?
Sul perché Frank abbia tirato in ballo la questione, le scuole di pensiero sono due. La prima: voleva attirarsi la benevolenza della corte, sapendo che stavano per stringergli il cappio al collo. La seconda: voleva concludere l'esistenza con un ultimo atto di perfidia, indicando in Hitler un figlio degenere del giudaismo, il più spietato persecutore e sterminatore di ebrei. Conclusioni difformi, legate però da una verità certa: Hitler non era ebreo.

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