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Adolf Hitler, le bufale per negare la disfatta: un'altra storia di propaganda

Claudio Siniscalchi
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I Nell'ultimo scorcio dell'aprile 1945 Berlino è una città fantasma. Quella che doveva essere la capitale del Reich millenario è ridotta un cumolo di macerie. Gli anglo-americani l'hanno bombardata a tappeto dall'alto. I sovietici l'hanno cannoneggiata da lontano. Poi da vicino, sempre più da vicino. Hitler non vuole arrendersi. Gli restano circa 1.000.000 scarso di combattenti. Molti giovani, talvolta giovanissimi, e vecchi. Un quarto di loro non è di origine tedesca. Sanno che la resa dei conti è prossima. Eppure, senza l'ordine del Führer di gettare le armi in terra si continua a combattere. Strada per strada. Casa per casa. Hitler è asserragliato con i fedelissimi nel bunker. Maltratta i militari. Elabora piani di difesa sempre nuovi. Muove armate e divisioni ridotte a scheletri ambulanti o inesistenti. Accanto a lui c'è Joseph Paul Goebbels. Il Ministro della propaganda non ha perso l'ottimismo. Incita i berlinesi a resistere. $ certo della vittoria. Nei suoi proclami rievoca Sparta e Re Leonida. Ricorda che la guerra tutto sommato è bene godersela, poiché il dopoguerra in mano ai sovietici sarà infernale. I bombardamenti delle città tedesche, ormai prive di difesa, sono «atti terroristici».

GLI ANNUNCI
Quando gli arriva da Dresda il documento che indica in 20.000 i morti, ci aggiunge uno zero. Diventano così 200.000, e lo rende pubblico ai connazionali. Ai giovani rammenta l'obbligo di difendere madri, sorelle, mogli, fidanzate, amiche. Il mostro invasore le violenterà, brutalizzerà, ucciderà. Lui nell'ora più drammatica non è scappato. $ il Gauleiter di Berlino. A capo di 200 uomini, durante Weimar, seppe conquistare la più ostile delle città al nazionalsocialismo. Ora è ancora al suo posto, in mezzo alla gente. E vincerà di nuovo. All'ideologo della «guerra totale» (non combattono solo i militari, ma anche i civili), sono stati affibbiati nel corso del tempo vari soprannomi: Mefistofele, apprendista stregone, grande demagogo, agente di Lucifero, Giuda Iscariota, avvocato del Diavolo, principe delle tenebre, spirito del male, seduttore delle masse.

Uno se l'è conquistato senza ombra di dubbio sul campo (o sul sofà): «stallone di Babelsberg» (Potsdam-Babelsberg, poco distante da Berlino, sede degli imponenti e modernissimi studi cinematografici tedeschi), «santo protettore» delle attrici. Goebbels continua, anche nel disastro totale, ad occuparsi della propaganda cinematografica. Ha fatto paracadutare le pizze del film Kolberg (La cittadella degli eroi, 1945) a La Rochelle, in Francia, porto ancora in mano ai tedeschi. Nel kolossal a colori il popolo si arma per difendersi da Napoleone. Non ha perso la speranza di produrre un altro kolossal a Berlino, nonostante la devastazione.
Lo scopo è rassicurare. L'esito della guerra è tutt' altro che scontato. In realtà la Germania stava morendo.

Nell'immaginazione della propaganda era più viva che mai. Il verbo della fermezza e della tranquillità viene affidato ad un quotidiano, uscito in otto numeri di quattro pagine, dal 22 al 29 aprile. Il titolo è Panzerbär (orso corazzato). A questo bollettino di guerra Giovani Mari dedica un saggio molto ben documentato: La propaganda nell'abisso. Goebbels e il giornale nel bunker (Lindau, pagine 296, euro 24). La vita effimera della testata - meno di dieci giorni - avviene mentre i sovietici accerchiano Berlino in vista dell'assalto finale. Il Panzerbär incita i berlinesi alla difesa ad oltranza. Anche uno scolaretto o una scolaretta possono accucciarsi in una buca, attendere il passaggio del carro armato sopra la propria testa ed attaccarlo. Occorre ostacolare con ogni mezzo l'avanzata del nemico. Il tempo guadagnato consentirà ad un'armata in arrivo di togliere l'assedio e spazzare via gli invasori. Naturalmente sia Goebbels che Hitler sanno che di armate non ce ne sono più. La guerra è persa. Anche il Führer, proprio il 22 aprile, giorno di uscita del Panzerbär, per la prima volta davanti allo stato maggiore ha preso atto dell'imminente disfatta.

ARMI NUOVE, NUOVI MEDIA
La lettura degli otto numeri del quotidiano è al tempo stesso esilarante e avvilente. Non c'è niente di vero. Tutte menzogne. Tutte illusioni. Chi le legge continua a sperare nel miracolo. I barbari anglo-americani, gli orchi bolscevichi, gli ebrei continuano a lanciare manifestini zeppi di falsità, per fiaccare la resistenza della popolazione. Non bisogna prestargli credito. Bisogna solo avere fiducia nel Führer. Come sempre ci ha guidato nella giusta direzione. Il Panzerbär ha per logo un orso in posizione eretta. In una zampa tiene la vanga, appoggiata sulla spalla, nell'altra il Panzerfaust, maneggevole e potente arma monouso, in grado di mettere fuori combattimento un carro. $ un organo di propaganda, e come tutte le fonti della propaganda veicola un'unica verità: la nazionalsocialista.

Hitler e Goebbels, prima di prendere il potere, durante un momento di pausa di una campagna elettorale, si erano recati al cinema, a vedere la versione per immagini de I nibelunghi (1924) di Fritz Lang. Ne erano usciti ammaliati. Una volta al comando della Germania quel cinema lo avrebbero realizzato. Meglio: lo avrebbero fatto ancora più grande. Il cartello d'inizio li aveva certo ben predisposti: «Al popolo tedesco». Sangue e morte accompagnano la vita di Sigfrido e Crimilde. E nel sangue e nella morte, vent' anni dopo, al di là dei racconti del Panzerbär, la Germania stava annegando. La Storia di ieri non può mai essere paragonata alla Storia di oggi. La Storia è un susseguirsi di «fenomeni unici». Ma se la Storia non si ripete, la propaganda è sempre la stessa, ieri come oggi. Cambiano i fattori, i convincimenti, le ideologie. Il risultato però resta lo stesso: un imbroglio. Un rovesciamento della realtà. Un pericoloso strumento di persuasione che affievolisce la vista, fino ad ottenebrarla. La propaganda nazionalsocialista non è molto diversa da quella sovietica. $ solo rovesciata. Nel secolo delle ideologie assassine si è combattuto con le armi nuove (il Panzerfaust) e con la macchina per scrivere (il Panzerbär). Oggi - quando il sangue e la morte sono tornati a bagnare il suolo europeo - non è poi così diverso. Armi nuove e nuovi media.

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