Anpi, l'abuso della memoria: i "partigiani" nelle scuole a fare propaganda, quello strano accordo
Chissà come racconteranno nelle scuole la Resistenza italiana (contro l'invasore tedesco) coloro che quasi-quasi non riconoscono lo stesso diritto-dovere di impugnare le armi alla Resistenza ucraina contro l'invasore russo. E chissà, poi, come esporranno agli studenti la Costituzione italiana gli stessi che confondono nei loro manifesti il tricolore di casa nostra con quello "ungherese" e citano gli articoli della Carta senza la loro seconda parte. Non sono questioni teoretiche ma domande concrete quelle che rivolgiamo all'Anpi: sì l'associazione nazionale dei partigiani, composta ormai quasi esclusivamente da iscritti venuti al mondo nel dopoguerra e sempre più appendice della sinistra pacifista che associazione combattentistica.
E dunque: che c'entrano i partigiani con la scuola? A metterci lo zampino, fra un banco a rotelle e l'altro, è stata l'allora ministro grillino all'Istruzione Lucia Azzolina. Sotto il suo mandato (nel 2020), infatti, il Miur ha rinnovato e rafforzato il protocollo con l'Anpi per l'istituzione di una serie di iniziative scolastiche «volte a divulgare i valori espressi nella Costituzione e gli ideali di democrazia, libertà, solidarietà e pluralismo culturale». Proprio così: anche pluralismo... Quello che loro per primi non applicano: come avviene negli eventi in cui (solo qualche giorno fa in Puglia) i neo-partigiani invitano a parlare di Foibe agli studenti - senza contraddittorio - Eric Gobetti, lo storico "riduzionista" e nostalgico del comunismo. Vere e proprie provocazioni o, dal loro punta di vista, dimostrazioni di forza: di chi la storia se la racconta a modo suo.
Ed è così che - col permesso dello Stato - oltre che a parlare di Resistenza nelle assemblee studentesche, gli istituti statali hanno dovuto spalancare le porte a questi "docenti" senza esperienza sul campo (solo il 3% ha conosciuto o combattuto i nazisti) e con una visione della Costituzione tutta particolare. Ideologizzata, di parte ma anche - come dimostrano i fatti di questi giorni - "parziale".
In giro per l'Italia, negli ultimi giorni, diversi seminari hanno visto come protagonisti i "militanti" dell'Anpi. Se a Legnano e a Signa, due città fra le tante, le sezioni locali hanno stretto accordi con diversi istituti per il grande classico - "Raccontare la Resistenza a scuola" -, a Grosseto, invece, è andata in scena "A scuola di Costituzione". Un ciclo di incontri con l'ultimo dedicato - in linea con i fatti di cronaca - proprio all'articolo 11. Quello de «L'Italia ripudia la guerra», come recita il manifesto incriminato con la gaffe della bandiera ungherese. Avranno spiegato bene pure la parte restante - tutt' altro che secondaria - dell'articolo? Cioè che l'Italia ripudia la guerra sì ma «come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali»? E alla luce di questo avranno chiarito agli scolari che la guerra di "difesa" è legittima? Se non lo hanno fatto consigliamo agli studenti di riascoltare ciò che ha ricordato all'Anpi - con tanto di bacchettata - Liliana Segre a proposito dei loro "dubbi" sulla resistenza ucraina. Ossia l'articolo 52 della Carta: quello per cui la difesa della Patria «è sacro dovere del cittadino».