Silvio Berlusconi, la delusione per Putin che tradisce il sogno della pace con gli Stati Uniti
Berlusconi alla fine ha detto quel nome. Anzi, nome e cognome: «Vladimir Putin!». Gli ha dato torto, in tutto e per tutto, si è dichiarato deluso da colui che per tanti anni aveva conosciuto come «uomo di buon senso». Lo accusa senza se e senza ma per l'aggressione all'Ucraina, non riesce a tollerare l'ipotesi che sia stato lui a dare il via libera alle atrocità. E perciò si ostina a non chiuderlo nella gabbia delle bestie feroci. Non può essere cambiato a questo punto. E perciò propone all'antico amico una via d'uscita onorevole, che non cancellerà l'ignominia di una scelta che lo butta tra le braccia della Cina, ma è l'unica che gli resta per non dannarsi davanti alla storia: fermi subito le armi, cessi il fuoco adesso, processi i suoi subordinati che si sono macchiati di orribili crimini come quello di Bucha. I virgolettati pesano, eli forniremo tutti tra un momento.
Ma più ancora delle parole, chiare e nette, è il tono, il colore della voce a dire qualcosa che non si è sentito nei discorsi e nelle dichiarazioni di alcun politico di Occidente e di Oriente. Un dolore doppio, triplo: per la sciagura che ha colpito tante persone inermi in Ucraina, e per il tradimento di una persona cara con cui aveva condiviso il sogno di una alleanza universale, con l'Europa al centro, e l'America e la Russia vincolate dalla comune amicizia con questa formidabile potenza continentale di antica civiltà che avrebbe potuto e dovuto essere l'Unione Europea come propulsiva di un nuovo mondo, ma non ne è stata capace.
Insomma: Berlusconi ha dato un giudizio politico ed etico chiaro, non si discosta di un millimetro dalla linea filo-atlantica che è nel dna suo e di Forza Italia, ma a differenza degli altri non si rassegna a considerare la Russia come perduta, e a ritenere Putin incapace per follia o crudeltà di quel gesto di buona volontà che è il dichiarare un alt ai missili e ai cannoni, onde aprire la strada a un compromesso accettabile, che garantisca inderogabilmente la libertà dell'Ucraina.
Silvio rivendica il suo disegno di statista europeo che l'incomprensione e l'egoismo nazionalistico degli altri leader continentali ha impedito. E che consiste plasticamente nella fotografia di Pratica di Mare, nel maggio del 2002, con lui che tiene per mano con la destra Bush e con la sinistra Putin, costruendo un'alleanza che si allargasse dall'America all'Australia, senza alcuna esclusione, per impedire «l'espansionismo sovietico e cinese». Dice «sovietico» ed è un lapsus felice, perché questo aggettivo è l'unico adeguato a descrivere quanto sta accadendo.
Un abbraccio tra imperialismi di fatto neo-comunisti nei metodi di opposizione alla libertà dei popoli e degli individui. Ma come era stato bello quel sogno, e come è andato vicino a realizzarlo, avendo trovato «fautori anche nelle amministrazioni americane», pur se forse, in Obama e nella Clinton proprio no.
Il fatto è che il suo disegno di politica estera profondamente italiano, impregnato di valori cristiani, ha dovuto fare i conti con i ripetuti tentavi esterni ed interni di liquidarlo con ribaltoni eterodiretti e con la persecuzione di 100 processi fino alla «grottesca» sua espulsione dal Senato, che di certo lo hanno indebolito.
E resta un peccato non per una carriera personale di statista, ma alla fine persino per il destino del mondo. Pretendeva di volare troppo alto, e la realtà ha spento il sogno di Icaro-Berlusconi? Ha fallito causa la ybris di un'utopia esagerata?
Ascoltandolo ieri francamente si fatica a considerarlo come leader sul far del tramonto, che rimpiange la sua stella caduta, perché come a certe vecchie aquile spuntano sulle ali giovani penne.
Ecco i virgolettati.
1. Il sogno e la fedeltà all'Occidente. «La politica nei dieci anni del nostro governo è sempre stata di rigorosa fedeltà all'alleanza atlantica e all'Occidente... in cui includere anche la Russia, e questa linea ha trovato fautori anche nelle amministrazioni americane». Ma per questo occorreva «una politica estera europea comune e un esercito comune con una forza di pronto intervento di 100mila uomini» capace insieme ad America e Russia di «contenere l'espansionismo cinese». L'«egoismo di alcuni leader europei ha impedito la realizzazione di questa politica».
2. La Russia colpevole. «Non sono riuscito a dare all'Europa una politica unica estera di difesa comune e oggi siamo di fronte a un'aggressione senza precedenti messa in atto dalla Russia ai danni di un paese neutrale come l'Ucraina, che sta combattendo con valore e determinazione per la propria libertà. Un'aggressione che anziché portare la Russia in Europa l'ha portata nelle braccia della Cina... Peccato, davvero peccato!». 3. Putin. «Non posso e non voglio nascondere di essere profondamente deluso e addolorato dal comportamento di Vladimir Putin, che si è assunto una gravissima responsabilità di fronte al mondo intero... Io Putin l'ho conosciuto vent' anni fa. Mi era sempre parso un uomo di gran buon senso, di democrazia, di pace...».
4. L'orrore e il salvagente gettato a Putin. a) processare i suoi generali. «Di fronte all'orrore dei massacri di civili a Bucha e in altre località ucraine, veri e propri crimini di guerra, la Russia non può negare le sue responsabilità. Dovrebbe al contrario, nel suo stesso interesse, identificare e mettere sotto processo i responsabili di comportamenti che il diritto e la morale considerano inaccettabili anche in tempo di guerra». b) Compromesso e condizioni di pace. «Bisogna fare tutto il possibile perché tutto questo finisca al più presto, per mettere fine alla brutalità della guerra, e l'Italia deve lavorare a questo scopo, perché si arrivi ad un compromesso accettabile da tutti. Questo significa però che la libertà e l'integrità dell'Ucraina devono essere garantite». 5. Appello a Vladimir. «Noi auspichiamo che i rapporti fra Russia, Stati Uniti, Europa, tornino ad essere dialoganti. Ma spetta alla Russia adesso fare un passo nella giusta direzione, facendo tacere le armi. Il cessate il fuoco da parte della Russia è fondamentale e prioritario».