Vittorio Feltri, Pasqua indigesta: "La mattanza e il puzzo di morte", basta stragi di agnellini
Tra gli usi più primitivi a cui restano morbosamente avvinghiati gli esseri umani spicca senza ombra di dubbio quello di festeggiare ricorrenze, soprattutto di carattere religioso, sacrificando un numero tale di animali da determinare una vera e propria strage. Ogni anno, in prossimità della Santa Pasqua, non posso fare a meno di soffermarmi a riflettere, non senza avvertire una fitta lancinante al cuore, sulla disgraziata e breve esistenza di quelle centinaia di migliaia di agnellini, pecore e caprette che vengono ammazzati a pochi giorni dalla nascita per diventare portate principali da servire a tavola e divorare. Molti di coloro che si dicono cristiani, ma che di cristiano forse possiedono ben poco, non rinunciano a questa usanza e ritengono che una Pasqua senza agnellino arrostito sarebbe uno schiaffo alla tradizione, qualcosa di inaccettabile, al pari di un Natale spogliato di albero e di regali. Ed è così che ogni anno si rinnova questo bagno di sangue che produce un tragico paradosso: celebriamo la Resurrezione, ovvero la Vita, seminando morte. Parliamo con commozione della Madonna che soffre davanti al corpo freddato del figlio crocifisso, però poi strappiamo a migliaia di madri i propri cuccioli di una ventina di giorni, profumati di latte, allo scopo di macellarli e cibarcene.
A breve la mattanza inizierà. E non possiamo fare nulla per arrestarla se non compiere un semplice atto di civiltà: ricusare tale abitudine evitando di comperare la bestiolina sacrificata, sostituendo il consueto menù pasquale con uno, magari più gustoso, che non implichi e non determini tanta sofferenza per le mamme e i loro piccolini. Difficile fornire una cifra esatta di questo genere di vittime. Si stima che a Pasqua vengano ammazzati circa 900 mila tra ovini e caprini, provenienti soprattutto dall'Est Europa, da dove giungono dopo essere stati strappati alle madri e dopo avere viaggiato, stipati e impauriti, su camion strapieni. È soltanto il principio dell'inferno. Poi ci sarà il macello, con il suo tanfo di sangue vecchio, la puzza di terrore, l'odore di disperazione e morte. Nessuno scampo per chi vi accede. Poco ci consola un dato che tuttavia non possiamo non considerare positivo: da oltre un decennio il consumo di carne di agnello è in progressiva diminuzione e si prevede che in occasione di questa Pasqua, rispetto a quella precedente, possa crollare ulteriormente e non solo per effetto di una maggiore sensibilità nei confronti di codeste creature, inutilmente trucidate da neonate, ma anche, e questo ci dispiace, per una minore disponibilità economica da parte degli italiani. A quanto pare, della crisi gioveranno almeno gli agnellini.