Mario Draghi scaricato dai draghiani e senza bacchetta magica. Alessandro Sallusti: auguri, presidente...
Un sondaggio pubblicato domenica dal Corriere della Sera, a firma Nando Pagnoncelli, rivela che il presidente Mario Draghi ha interrotto l'emorragia che in otto mesi, dal luglio scorso, lo aveva visto perdere ben 11 punti di consenso personale passando dal 70 al 59 per cento. Sicuramente il premier ci avrà messo del suo e probabilmente, come spesso accade, nei momenti di difficoltà gli italiani - ma non solo loro - si affidano con maggior slancio al comandante in capo, l'unica figura percepita come colui che può limitare i danni.
Ma se il gradimento popolare tiene, o addirittura cresce di un punto come successo nell'ultimo mese, non altrettanto si può dire del giudizio della classe dirigente fino a poco tempo fa granitico a indicarlo come il salvatore della patria. Piccole crepe, per carità, ma sufficienti a fare dire che gli oligarchi nostrani cominciano a mostrare i primi sintomi di insofferenza nei confronti, se non proprio di Draghi in persona, di un governo che appare di nuovo impantanato nei riti politici e burocratici classici del nostro Paese. Il fatto che i problemi di oggi abbiano origine fuori dai nostri confini e che la sua maggioranza affronti la guerra in ordine sparso certo non aiuta il premier, e neppure il paradosso che il partito più draghiano sul conflitto sia in questo momento Fratelli d'Italia, cioè l'unico di opposizione (più nelle dichiarazione dei suoi dirigenti che nella base) ma ciò nonostante non pochi imprenditori, anche di un certo livello, cominciano a storcere il naso per un immobilismo che sta minando lavoro e affari.
Probabilmente si era consolidata la speranza che bastasse un bravo tecnico per rimediare i guasti della politica ma ora si prende atto che anche il più bravo dei tecnici senza un solido e convinto appoggio politico ha le mani legate. Dall'energia che manca (e che costa) alle materie prime che scarseggiano, dall'inflazione che spinge su aziende e consumi fino all'affidabilità internazionale dell'Italia ci vorrebbe una "mandragata" (con la g al posto della k), cioè una di quelle trovate ingegnose con le quali Gigi Proietti svoltava le storie disperate nel celebre "Febbre da cavallo". Ma non siamo in un film, la verità dice che Mario Draghi non ha la bacchetta magica. Auguri, presidente.