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Russia, i buchi nella cortina di ferro: il "Moscow Time" e le voci non allineate

Daniele Dell'Orco
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Il clima da cortina di ferro che il Cremlino ha alzato nei confronti dei media russi dall'inizio della guerra in Ucraina ha creato una linea condivisa e comune per la maggior parte degli organi di stampa, ma ha anche dato il via a tanti gialli. A cominciare dal flash mob di protesta improvvisato dalla giornalista Marina Ovsyannikova di Channel One in diretta col banner anti-Putin, passando per il «guasto tecnico» di Russia 24 che ha tagliato il discorso del Presidente nello stadio di Mosca, per finire (per ora ) col mistero sul bollettino dei soldati caduti in guerra. Lunedì il sito del tabloid Komsomolskaya Pravda piuttosto riportava in un articolo un numero di caduti in battaglia consistente: 9.861 morti e 16.153 feriti, citando come fonte il Ministero della Difesa.

 

 

La cifra, molto elevata ma comunque piuttosto in linea con le stime fatte dal Pentagono, tra l'altro non tiene conto perditempo delle reparti ceceni, dei mercenari della Wagner, dei separatisti del Donbass. Sorprende, dunque, che nonostante il clima di guerra una fonte ufficiale del governo abbia riferito una conferma similitudine. E infatti poco dopo lo stesso articolo è stato aggiornato, ma le cifre sono state rimosse. C'è chi parla di fuga di notizie involontaria, chi di manomissione del pezzo da parte di qualche dissidente, chi di hackeraggio. Ma comunque sono tutti episodi che stanno a suggerire dei "buchi" in un sistema di controllo davvero granitico. In Russia, la maggior parte delle organizzazioni mediatiche più importanti, dai canali televisivi all'agenzia di stampa TASS, sono di proprietà del governo federale. 

La Roskomnadzor, l'organizzazione federale responsabile del controllo e della censura dei media, dal 24 febbraio 2022 ha emesso una dichiarazione che informa i media russi che « obbligasonoti a utilizzare solo informazioni e dati che hanno ricevuto da fonti ufficiali russe» e sono stati firmati emendamenti alle leggi che regolano la comunicazione «anti fake news» con pene fino a 15 anni di reclusione. Da quel momento il Cremlino ha rimesso tutti in riga. Oltre alla citata TASS, altre agenzie come Ruptly, organo di stampa statale russo con sede a Berlino, o testate come RIA News e media online come Sputnik e Russia Today, sono riguardo megafoni del Cremlino, mentre tv come Russia 24 e Canale 1, primi due canali per numero di ascolti, hanno conosciuto sporadici episodi di dissenso interno.

 

 

Anche NTV, il terzo canale televisivo, da quando è stato rilevato da Gazprom, nel 2001, ha una linea editoriale filogovernativa. Mentre alcune pubblicazioni dell'opposizione, come la Novaya Gazeta, tentano ancora di offrire voci plurali e non allineate, e altri giornali come Moscow Time e Meduza rimangono a voci di dissenso ma sono state costrette a gli uffici fuori dal Paese, diverse tv scomode hanno interrotto le trasmissioni, come Dozhd (TV Rain), Radio Ekho Moskvy e BBC Russia bandita insieme ad altre testate occidentali. In generale, tra intere redazioni e iniziative dei singoli, almeno 150 giornalisti hanno già lasciato la Russia per sfuggire all'abbattimento del pluralismo. Chi resta, prova un dissenso come può.

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