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Studenti in piazza, Pietro Senaldi: la ribellione contro gli stage danneggia loro stessi

Pietro Senaldi
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Guarda che strano, gli studenti ieri sono scesi in piazza per protestare. Stupore, pendono a sinistra. Altra novità, si lamentano di non essere considerati dal mondo degli adulti, ai quali vogliono spiegare come dovrebbe girare la vita. Non vogliamo qui perderci nel solito pippone sull'essere umano che nasce incendiario e muore pompiere né banalizzare la protesta, che ha due obiettivi: il rifiuto di affrontare la seconda prova scritta all'esame di maturità e la richiesta di eliminare l'alternanza scuola-lavoro, dopo la morte di due ragazzi in stage nelle scorse settimane. Partiamo dalla seconda questione, che appare più seria. Giuseppe aveva 17 anni e gli è stato fatale un incidente automobilistico, mentre era a bordo del furgone della ditta dove era impegnato. Lorenzo aveva 18 anni ed è deceduto per un infortunio nella fabbrica che lo occupava.

 

 

Sono state due disgrazie sulle quali stanno indagando i magistrati e nessuno può dire se vi sia stata colpa dei datori di lavoro osi tratti di semplici fatalità. Tantomeno si può sapere se le due vittime fossero sfruttate da imprenditori aguzzini, come lamentano i collettivi studenteschi che hanno organizzato la protesta. Possiamo solo dire che l'incidente automobilistico è la prima causa di decesso tra i giovani, che assai difficilmente muoiono di vecchiaia; di solito la tragedia avviene il sabato sera, dopo la discoteca o l'aperitivo, ma non si sono mai registrate marce di liceali per l'abolizione delle discoteche, dei pub o dei gin-tonic. Né si può immaginare che ci sarebbe una ribellione contro le gite scolastiche se un pullman carico di studenti cadesse in un dirupo. Quanto all'alternanza scuola-lavoro, occorre ricordare che l'hanno voluta proprio i ragazzi e il suo scopo non è lo sfruttamento dei minori, che quando arrivano dai banchi sono generalmente inservibili da parte delle ditte che li accolgono e rappresentano per esse più una perdita di tempo che un investimento.

L'esperienza in ditta ha lo scopo di far conoscere ai ragazzi il mondo del lavoro e collegarlo a quello della scuola. Se i giovani non vogliono più farla, prego, ma l'occasione la perdono loro, non gli imprenditori. Bisogna stare attenti a non buttare il bambino con l'acqua sporca, il che significa fuggire dal massimalismo di piazza sbandierato ieri dai giovani. Gli stage devono svolgersi in sicurezza e le aziende che non garantiscono le giuste condizioni vanno sanzionate ma abbandonare l'esperimento sarebbe un errore, equivarrebbe a chiudere tutte le fabbriche e i cantieri all'indomani di una morte sul lavoro. Quanto al no alla seconda prova scritta all'esame di maturità, davvero l'impegno studentesco meriterebbe obiettivi più ambiziosi. Cambiare le regole va bene, ma per farlo prima bisognerebbe dimostrare di saperne osservare qualcuna.

 

 

Della protesta di ieri resta l'assalto a Confindustria, vista come un nemico, il che non promette nulla di buono da parte di chi sta per affacciarsi al mondo del lavoro. Ma qui l'indice andrebbe puntato sul mondo degli adulti, in particolare di quelli che vorrebbero plasmare le coscienze politiche e sociali del Paese. Se a essere oggetto di un'aggressione è la sede della Cgil, per di più da parte dell'estrema destra, scatta la mobilitazione nazionale e la sinistra sfila in piazza sotto il palco di Landini. Se nel mirino finiscono gli imprenditori, i progressisti che vanno in sollucchero per Draghi si voltano dall'altra parte. Questo significa che le generazioni passano ma la manfrina in Italia resta la stessa: non contano i comportamenti ma chi li agisce e chili subisce. I ragazzi lo hanno capito bene e, per non finire nei guai, colpiscono i bersagli sicuri ma non si illudano: anche quando cresceranno, il potere rosso continuerà a usarli e non ascoltarli proprio come oggi. 

 

 

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