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Foibe, Pietro Senaldi: la solita sinistra che oltraggia infoibati ed esuli. Chi ha la coscienza sporca

Pietro Senaldi
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Scusate se siamo italiani, scusate se siamo stati crocifissi, annegati, massacrati e infoibati da dei criminali comunisti, scusate se dopo quasi ottant' anni ancora soffriamo per la pulizia etnica di cui siamo stati vittime, scusate se vi disturbiamo e chiediamo che non continuiate tenerci fuori dalla memoria collettiva del Paese, scusate se siamo stanchi di essere cancellati in nome del compromesso storico e del consociativismo che ha retto la prima Repubblica e che, nella seconda, sopravvive solo ai nostri danni. Ieri si commemoravano il genocidio e l'esodo giuliano-dalmata, 350mila esuli e quasi ventimila vittime della furia titina.

La Giornata del Ricordo è stata istituita nel 2005, con sessant' anni di ritardo, grazie alla strenua battaglia dell'allora parlamentare di Alleanza Nazionale Roberto Menia, figlio di una profuga istriana. Ma non è stata una giornata di degno ricordo, perché i perseguitati sono stati oltraggiati ancora una volta, anziché onorati. E la ragione è che, ancora una volta, la pietà umana è stata sacrificata al politicamente scorretto, al tentativo di coprire la verità, ovverosia che gli infoibati sono vittime della furia comunista, che li ha massacrati e ne ha confiscato le proprietà, e dell'ideologia della sinistra nostrana, che dopo ha cercato a lungo di tenere nascosto o minimizzare l'eccidio perpetrato dai compagni titini e oggi, che non può più negarlo, nasconde le sue mani sporche di sangue.

 

 

Che delusione, il discorso del presidente Mattarella dedicato alla ricorrenza. Se l'è presa con i nazisti, i fascisti che scatenarono la guerra e i nazionalismi in genere, ma non ha ricordato che comunisti erano gli assassini jugoslavi e comunisti erano gli italiani che li hanno protetti e giustificati. Neppure ha ricordato, tantomeno chiesto scusa, per quell'Italia cattocomunista, di don Camillo e Peppone, che sapeva avere anche un volto cinico e spietato. Il nostro Paese trattò i profughi come appestati anziché come connazionali, dimenticando che chi scelse l'esilio e abbandonò casa propria, lo fece per restare libero anziché assoggettarsi al regime di Tito, fidandosi della democrazia e della solidarietà della madrepatria, che invece gliele negò.

Ma il capo dello Stato è in cattiva compagnia. Anche il sindaco Sala si è scordato di citare gli assassini, quasi gli istriani si siano infoibati da soli. Con lui, Letta, che si è limitato a evocare «una partecipazione corale al giorno del ricordo»; Fico, che se l'è cavata parlando di «terribile dramma e pagina tragica»; Calenda, che ha alluso a vaghi «orrori della storia». Sempre meglio comunque della solita Boldrini, la quale ci ha catechizzato spiegando che «il giorno del ricordo non deve avere un'appartenenza ideologica», quando invece fu un eccidio politico, che i suoi progenitori rossi perdonarono perché Tito era un comunista, e intelligente al punto dal prendere le distanze da Mosca, guadagnandosi perciò anche il plauso e l'assoluzione della Dc. Menia si consoli. Battersi per il Giorno del Ricordo è comunque servito: in dieci anni sono raddoppiati gli italiani che almeno sanno che ci sono state le foibe, capitolo ignorato dal 60% della popolazione solo nel 2012.

Oggi invece tre cittadini su quattro conoscono l'eccidio e ritengono giusto celebrarlo, e uno su due vorrebbe che la giornata fosse maggiormente enfatizzata. Questo significa che il sacrificio dei patrioti istriani, che lasciarono tutto per l'Italia e la libertà, sta entrando nelle teste e nei cuori di tutf ti, e le cose potranno solo migliorare. Ma è triste vedere che l'Europa, dove siedono anche Slovenia e Croazia, le nazioni che ci hanno depredato, è molto più avanti di noi. Mercoledì la presidente dell'Europarlamento, la maltese Roberta Metsola, ha definito l'eccidio istriano «un dramma europeo» e, su iniziativa dell'europarlamentare Carlo Fidanza, di Fdi, si sono organizzati incontri per ricordare quanto avvenne, mettendo in giusta evidenza le responsabilità dei partigiani comunisti. In Italia invece, il ministro dell'Istruzione, Patrizio Bianchi, è stato costretto a scusarsi per una circolaredel suo ufficio che ha paragonato l'Olocausto istriano a quello degli ebrei, suscitando le ire delle associazioni partigiane nostrane.

 

 

Figuraccia. Anche quello giuliano-dalmata fu un Olocausto e continuare a sminuirlo, per nascondere le colpe di chilo commise è negazionismo. Come è negazionismo non dire chiaramente che gli istriani non furono uccisi dalla furia umana o dalla furia totalitarista, ma da bande criminali di comunisti partigiani che perseguivano un progetto politico di pulizia etnica e ideologica e che avevano complici in Italia, i quali che hanno steso un velo sui massacri e poi hanno infierito sui superstiti che avevano cercato riparo da noi, illudendosi di trovarsi tra connazionali. 

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