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Sigfrido Ranucci, Pietro Senaldi: il contrappasso, l'inchiestista di Report sotto inchiesta. Chi la fa, l'aspetti

Pietro Senaldi
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Se non avete mai visto una puntata di Report, non vi siete persi nulla. Anzi, probabilmente sapete distinguere una notizia da una tesi politica, un'intervista da un taglia e cuci rimontato ad arte, un'indagine da un killeraggio. Già la settimana scorsa avevamo stigmatizzato il comportamento di Sigfrido, alias Segafredo, Ranucci, l'indegno erede di Milena Gabanelli nella conduzione dell'approfondimento d'inchiesta di Raitre del lunedì, trasformato da questo panzuto signorino dall'erre moscia, morbido nella dizione e nelle forme quanto ruvido nella professione, in uno sprofondo giornalistico. Il sinistrorso aveva paragonato Berlusconi a un virus, festeggiandone le dimissioni dall'ospedale con servizi e considerazioni vecchi di oltre dieci anni sulle serate di Silvio. Chi la fa, l'aspetti. Nella redazione di Segafredo è scoppiato uno scandalo Weinstein in minore, con giornaliste che lo accusano di essere state molestate. Siccome abbiamo visto con il metoo che molte di queste denunce poi si rivelano uno stalking ai danni del presunto maniaco, non abbiamo mai accusato il collega.

 

 

Il metodo Report non ci appartiene, come neppure il metodo Travaglio, che con Ranucci ha in comune la circostanza di finire spesso vittima dei propri teoremi e vedersi costretto, per difendersi, a utilizzare i medesimi argomenti ai quali ricorrono i suoi bersagli. Infatti il conduttore di Report sostiene di essere diffamato, come il direttore del Fatto Quotidiano ora afferma che le sentenze sono «scartoffie scritte da incompetenti», solo perché stavolta inchiodano il suo eroe Conte anziché Renzi, Salvini o Berlusconi. Veniamo al dunque. Per scuotere i palazzi ci vogliono dei matti senza peli sulla lingua. Gente che ha un coraggio che va oltre l'abitudine e il bon ton. Così, il deputato azzurro Andrea Ruggieri, che raramente va di fioretto, ma ancor più raramente manca l'affondo, in Commissione Vigilanza Rai ha fatto scoppiare il bubbone, chiedendo conto delle accuse mosse all'educanda Ranucci, che vorrebbe con le sue inchieste rieducare l'Italia, ma stante ad alcune sue collaboratrici dovrebbe invece andare almeno a lezione di Galateo. Lesa maestà, il Segafredo non ci sta a farsi affettare e, secondo quanto sostiene il parlamentare forzista, che specifica di avere tutto documentato, avrebbe reagito intimidendolo, insultandolo e rinfacciandogli l'amicizia con Berlusconi. Il tutto, per farlo desistere dal suo intento.

 

 

IN BUONA COMPAGNIA
Poiché una cosa tira l'altra, ed evidentemente Ranucci non gode di stampa amica né di sponsor disposti a mettere la mano sul fuoco per lui, il polverone si alza a dismisura e costringe il nuovo direttore generale della Rai a ignorare le simpatie politiche del giornalista, che sono poi le sue medesime, e ad annunciare un'inchiesta interna. Siamo in pieno periodo del terrore. Gli accusatori che finiscono sul banco degli accusati, con i loro fan che gli voltano le spalle. Abbiamo l'ex magistrato Davigo, potentissimo signore delle Procure e spietato capocorrente, che viene processato ogni giorno dagli ex colleghi del Fatto, i quali ormai lo dipingono come un pasticcione nei migliori dei casi, ben altro in ipotesi più realistiche. Poi c'è il leguleio Conte, capo del partito dei manettari, che viene destituito dai tribunali per aver fatto casino con le leggi che regolano M5S. Infine spunta Ranucci, il quale a corto di notizie si stava convertendo in moralizzatore e fustigatore dei consumi. Ma la transizione (poco verde e molto opaca) non gli è riuscita. Grazie Ruggieri.

 

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