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Green Pass, Pietro Senaldi: "Così la sinistra vuole usarlo per far fuori Matteo Salvini e Giorgia Meloni"

Pietro Senaldi
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Sabato abbiamo aperto il giornale con un titolo che ci pareva dettato da logica, diritto e rispetto per i cittadini: "Se finisce l'emergenza, via subito il Green Pass- Non prendiamoci in giro sul Covid". Il ragionamento alla base è elementare: il certificato verde è una misura per contenere il virus; pertanto, se la pandemia abbassa la guardia, non ha senso prorogare una carta che obbliga i vaccinati a rendere conto a sconosciuti e impedisce a una parte della popolazione che non ha violato la legge di lavorare e vivere normalmente. Se cambia la situazione, vengono meno i presupposti di fatto (l'allarme contagio) e giuridici (l'emergenza sanitaria che diventa istituzionale), e quindi democratici, per comprimere la libertà delle persone. Questa idea è condivisa da illustri scienziati del calibro di Bassetti, Vaia o Zangrlillo, che da due anni combattono in prima linea, in ospedale e non in tv o nei palazzi romani del Comitato Scientifico, contro il Covid.

 

 

 

 

Puntuale ieri è giunto il «non ci sto» dei tecnici del fu Conte e del perdurante Speranza, i famigerati Locatelli e Ricciardi. Il Gatto e la Volpe del ministro della Salute si sono affrettati a dire che il Green Pass non solo deve sopravvivere alla morte dello stato d'emergenza e alla sepoltura del Comitato Tecnico Scientifico, previste per il 31 marzo, ma è necessario prosegua anche oltre la scadenza dell'obbligo di vaccino, programmata per il 15 giugno. Motivo? Non si sa mai con il virus cosa può accadere, potrebbe impazzire d'improvviso e mettersi a imperversare d'estate, anche se quella stagione non agevola le infezioni respiratorie, oppure potrebbe tirar fuori dal cilindro una variante a sorpresa letale, dopo che le cinque seguite all'originale si sono rivelate tutte più deboli delle precedenti. E così, mentre a pagina 3 di Repubblica il generale Figliuolo annunciava che «il Covid arretra e gli ospedali devono tornare alla normalità», a pagina 2 il coordinatore del Cts spiegava che «anche se vivremo una primavera e un'estate tranquille» dobbiamo tenerci il Green Pass in eterno come «premio per chi si è vaccinato». Insomma, per Locatelli i diritti a una vita sociale e al lavoro non sono connaturati alla democrazia ma sono come le caramelle per i bambini, una ricompensa a chi si è comportato bene. Il peggior errore ora sarebbe credere che le considerazioni di Ricciardi e Locatelli siano di natura sanitaria. Palle. Hanno una valenza squisitamente politica, che non è più, come all'inizio, obbligare le persone a vaccinarsi con una manovra a tenaglia sulle libertà individuali. Adesso che la pandemia rallenta e sempre più cittadini sviluppano insofferenza verso il certificato verde e si chiedono che senso abbia continuare con le restrizioni più rigide del mondo occidentale, non mollare di un centimetro significa mirare ad aumentare la tensione sociale.

 

 

 

 

 

Dietro tutto questo c'è un calcolo politico. Più si mantengono i divieti malgrado il miglioramento della situazione, più malumore si crea. Maggiore è il malessere sociale, più forti diventano i movimenti no vax e no Green Pass i quali, intercettando la protesta, diventeranno veri e propri collettori di massa critica potenzialmente capaci di trasformarsi in un partito, purché ci sia qualcuno in grado di offrire una sintesi politica credibile al mal di pancia diffuso. Tra un anno si vota, il centrodestra, per quanto sfilacciato, è in vantaggio, ma la nascita di un partito no vax potrebbe di colpo intercettare il voto grillino in fuga e nel contempo drenare consensi alla Lega, che sostiene il governo dei divieti, e alla Meloni, che comunque rappresenta una forza istituzionale. La protesta infatti pesca a destra o nei cinquestelle ma preserva il Pd, che è a un tempo il partito dei divieti e dei poteri forti e che potrebbe vincere le elezioni per sottrazione dei voti altrui piuttosto che per aumento dei propri. Non la pensa poi troppo diversamente Marcello Sorgi, che sulla Stampa dedica il suo editoriale alle difficolta della politica dopo il Covid. Senza mezzi termini, il direttore scrive che grazie alla pandemia Conte «ha goduto dei pieni poteri vagheggiati da Salvini» e così ha fatto poi Draghi, al punto da essere rimproverato ufficialmente da Mattarella di «non dare tempo e modo ai parlamentari di esprimersi» sulle scelte del governo. Se il 31 marzo scade lo stato d'emergenza, è la chiosa di Sorgi, non solo Draghi ma anche «i ministri Speranza e Bianchi dovranno dimostrare ciò che sanno fare» senza più lo scudo e l'alibi della pandemia. In buona sostanza, l'ha vista giusta Checco Zalone, che a Sanremo ha fatto la parodia del lamento del virologo, preoccupato di non contare più nulla se il virus scompare. Solo che qui la questione non è solo di potere e visibilità attuali. Il punto è che si vogliono calpestare i diritti dei cittadini e alimentare lo scontro nel Paese solo per mettere in difficoltà il centrodestra, sperando che sbarelli sul certificato verde come in parte ha fatto sui vaccini. E se per farlo bisogna dare una mano ai deliri dei no vax, è il minore dei mali. Quel che conta è togliere voti a Lega e Fratelli d'Italia e impedire al centrodestra di andare al governo da solo.

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