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Pietro Senaldi e quell'invito al governo Draghi: "Addio al Green Pass finita l'emergenza"

Pietro Senaldi
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I contagi stanno calando vertiginosamente. Due settimane fa superavano i duecentomila al giorno, oggi sono il 40-50% in meno. L'indice di trasmissione del virus è sceso sotto quota 1; questo significa che abbiamo scavallato e l'epidemia ha iniziato il processo di spegnimento, che parte lento ma procede rapidamente. Avanti di questo passo, lo stato d'emergenza che ci ac compagna da oltre due anni non sarà prorogato quando, il 31 marzo, scadrà. Di conseguenza diremo addio anche al Comitato Tecnico Scientifico, la squadra di esperti del governo, delizia di Speranza e croce dei cittadini, responsabile dei maggiori fallimenti della lotta italiana al Covid, dalle Regioni a colori al protocollo di cura a base di vigile attesa, dalle quarantene senza ritorno perché più lunghe della malattia alle didattiche a distanza dispensate secondo il criterio della roulette russa.

Tutto bene, non fosse per un particolare che tradisce la natura dello scorpione della parte giallorossa del governo; quell'istinto, quasi la libidine, di colpire, punire, limitare i di ritti, rinchiudere oltre la necessità, che ha spaccato il Paese in due, portato a scontri nella maggioranza e fatto pensare a molti cittadini moderati che si stesse passando il segno. Stiamo parlando del progetto dell'esecutivo di prorogare il certificato verde fino alle porte dell'estate, ben oltre la scadenza dello stato d'emergenza, addirittura fino al 15 giugno, due mesi e mezzo dopo. Nulla di ufficiale per ora, ma il tam-tam comincia a circolare sui soliti canali attraverso i quali il governo sonda il sentire comune prima di farla grossa.

 

 

 

Bene, è il caso di stoppare con forza l'idea sul nascere. Il certificato verde, anche per noi di Libero che lo abbiamo sempre sostenuto, è una limitazione delle libertà di chi non si è vaccinato. Esso è giustificabile a livello democratico, in quanto ha la funzione di contenere il contagio ed evitare che le persone si ammalino gravemente, uno scopo che il governo si è prefissato di raggiungere restringendo gli spazi vitali ai non immunizzati con il duplice fine di indurli a proteggersi e di limitare la circolazione del virus. È evidente però che, se lo stato d'emergenza cessa, il Green pass perde la propria base giuridica, e quindi la propria legittimità costituzionale; peraltro, una volta fermata la pandemia, non avrebbe più neppure alcuna motivazione sanitaria. Lo choc delle bare di Bergamo e Brescia è stato forte ed è ancora vivo nelle menti e nei cuori degli italiani. Induce prudenza, ed è umano e giusto che lo faccia soprattutto nel governo, che ha la responsabilità ultima delle vite dei cittadini, ma la prudenza non fondata sulla realtà dei fatti è un sopruso ed è dissennata e dannosa quanto l'imprudenza.

La sfida dello Stato ai no vax, che restano comunque cittadini italiani, è stata forte, quasi violenta, e non a caso ha prodotto reazioni che hanno avuto i tratti della ribellione civile. Il certificato verde ha contribuito ad alimentare questa tensione, che si può accettare e giustificare solo con l'emergenza dettata dall'incalzare della pandemia, e pertanto deve cessare con essa. Non si tratta di premiare o discriminare i no vax. Questi sono ragionamenti filosofici, moralisti, da Stato etico. Qui invece serve pragmatismo. Il movimento no vax, nella sua follia antiscientifica e malgrado gli eccessi ridicoli del complottismo che lo contraddistingue, ha intercettato un malessere sociale e una frustrazione verso una politica e uno Stato avvertiti sempre più distanti che sono andati ben oltre le ragioni iniziali. Infatti, quando grazie ai vaccini l'epidemia è stata contenuta, la rivolta è passata da no vax a no green pass. E qui ha avuto maggiore presa, anche perché perfino molti tri-vaccinati sono stanchi di dover mostrare il telefonino a degli sconosciuti che si improvvisano guardiani del bene ogni volta che escono di casa.

 

Con il 50% di italiani che non votano, disgustati dalla politica e per nulla eccitati dalla conferma del presidente Mattarella, nonché totalmente disinteressati ai mercati garantiti da Draghi, visto che non hanno milioni di euro investiti da difendere, alimentare una massa critica anti-Stato, pronta a votarsi al primo imbonitore che riesca a mettersene a capo, sarebbe alquanto pericoloso per la tenuta democratica del Paese. «Noi grillini abbiamo rappresentato la protesta ed evitato il ritorno del terrorismo» è stata la sola frase acuta della parabola di Di Battista. Ora che i Cinquestelle sono diventati Palazzo, è saltato anche questo recinto. Con la politica commissariata da un premier tecnico e un presidente che per primo considera la propria riconferma una ferita alla Costituzione, il peggior errore che può fare il governo sarebbe fornire pretesti a questo popolo di scontenti per urlare che la democrazia è morta. La proroga del green pass oltre lo stato d'emergenza sarebbe l'autogol perfetto, una miccia che il "Sistema" accenderebbe sotto le proprie natiche.

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