Enrico Letta, la trappola a Silvio Berlusconi: perché il Pd vuole sostituire i grillini con Forza Italia
Una cosa si può dire con sicurezza: anche se non si capisce perché abbia tanto spazio sui giornali, Goffredo Bettini non parla mai a vanvera. Ieri, in un'intervista a Repubblica, quasi en passant, e continuando a lodare (apparentemente) il suo "pupillo" Conte, lo "stratega" dei dem ha detto, in perfetto politichese, che il Pd deve cominciare a guardare «anche al travaglio di Forza Italia». E state sicuri che presto altri, nel suo partito, lo seguiranno in questa "strategia dell'attenzione", dimentichi del fango che hanno gettato per anni sul Cavaliere e sulla sua formazione. In verità, anche se Bettini non lo ha detto, il vero travaglio lo sta vivendo in questi giorni il Movimento Cinque Stelle, con una lotta intestina fra vertici e base, e soprattutto fra gli stessi vertici, ormai sul punto di implodere.
Ne segue che tutta quella che era stata finora la strategia di Bettini, e che lo aveva portato a vedere in Conte addirittura «un punto di riferimento fortissimo dei progressisti», cambia direzione. Non contento di avere avallato e sponsorizzato «il governo più a sinistra della storia repubblicana», come fu definito il secondo governo Conte, ora il politico romano scopre che «il campo democratico ha bisogno per vincere di una "gamba" di centro moderata, europeista, innovatrice». In modo spiccio, ma rivelatore, egli aggiunge che «si è aperto un pertugio» e che bisogna introdursi in esso.
Il fatto è che al Partito democratico, il cui unico collante è ormai il potere, interessa solo stare al centro dei giochi, occupare posti di governo e sottogoverno, dettare le regole e governare anche quando è in minoranza o ha perso le elezioni. E per raggiungere questo obiettivo, secondo un vecchio riflesso di origine comunista, tutto va bene: centro o sinistra, populisti o no, neocomunisti o liberali, pari sono. In una parola: ci si adatta alle circostanze perché, secondo il più becero machiavellismo, il fine giustifica i mezzi. Obiettivo che, va detto come inciso, in questi anni ai democratici è quasi sempre riuscito.
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A noi comunque della questione interessa soprattutto un altro aspetto. Che è quello della "corte" spietata che, molto presumibilmente, i democratici, venuta meno la sponda grillina, cominceranno ora a fare al Cavaliere e di cui le parole di Bettini sono un semplice antipasto. Lo alletteranno con ogni promessa, lo compiaceranno con mille parole, gli riconosceranno per convenienza ma solo a parole quel ruolo che mai hanno voluto riconoscergli, lo tenteranno con un bel canto così come fecero le sirene con Ulisse.
Siamo sicuri che il Cavaliere non cadrà nella trappola, se non altro perché ha imparato a conoscere fin troppo bene i suoi avversari. Ma soprattutto non ci cadrà, non dovrà assolutamente caderci, per un altro motivo: allearsi con la sinistra significherebbe tradire tutta la sua storia, cioè la sostanza, quel che lo farà restare negli annali patri, e cioè aver dato una consistenza politica e delle gambe per camminare (a dire il vero non sempre usate al massimo) a tutti coloro che nel nostro Paese si sono opposti alla cultura e all'egemonia della sinistra e si sentono diversi e alternativi ad essa. Che fossero liberali, moderati, conservatori, poco importa: la destra politica in Italia l'ha inventata il Cavaliere. Non c'è dubbio che qualcuno nel suo partito, assetato a sua volta di potere, stia suggerendo a Berlusconi, di virare a sinistra. Pazienza se queste "pecorelle smarrite" si perderanno per strada, o "tradiranno".
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Il merito di Berlusconi è sicuramente quello di aver ridato negli ultimi mesi una centralità al suo partito che sembrava perduta, ed è questo solo l'ultimo in ordine di tempo dei tanti "miracoli" politici da lui compiuti. Questa centralità va usata però per rispettare i propri valori, quelli di sempre. Tanto più nel momento in cui la prima forza di destra in Parlamento, la Lega, si avvicina a quelle posizioni liberali, garantiste e cristiane che sono state sempre nel Dna di Forza Italia e chiede addirittura di federarsi. Capisco la prudenza del Cavaliere: Forza Italia non può svendersi, o cedere se stessa gratuitamente al più forte (numericamente). Ma c'è un ampio spazio per vincere la più importante battaglia, quella sui valori. La razionalità e il buon senso dicono di lasciar stare certi subdoli tentativi che vengono da sinistra e aderire al progetto salviniano di un Partito repubblicano italiano. In questo modo Berlusconi darebbe ancora una volta una nuova prospettiva di cambiamento al Paese.