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Quirinale, ecco perché la crisi dei partiti mette in crisi la nostra democrazia: gli scenari

Francesco Carella
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La corsa per l'elezione del nuovo capo dello Stato e la recrudescenza pandemica hanno fatto dimenticare alla classe politica l'esistenza di fenomeni che da alcuni anni incidono sul panorama economico e civile del Paese producendo due crescenti aree di esclusione sociale destinate inevitabilmente a collidere. Ad occupare la prima vi sono gli italiani rimasti senza lavoro a causa della fuga all'estero di un elevato numero di imprese, mentre la seconda si allarga sempre di più a causa di una immigrazione ormai fuori controllo. 

 

Il governo Draghi non potrà che partire da tali emergenze nella consapevolezza che la stabilità sociale che abbiamo conosciuto sotto forma di Welfare State a partire dalla seconda metà del Novecento e che ha costituito un potente mezzo di ridistribuzione della ricchezza appartiene ormai all'album dei ricordi. I processi di globalizzazione delle merci in pochi decenni hanno permesso a Paesi caratterizzati da un basso costo del lavoro di guadagnare notevoli quote di mercato a discapito di quegli Stati, come il nostro, dove il sistema delle protezioni rappresenta un fattore essenziale della vita pubblica. È sulla capacità di sapere sciogliere tali nodi che verrà misurata la qualità della classe dirigente nei prossimi mesi. La qual cosa non si presenta facile in ragione del fatto che all'internazionalizzazione delle dinamiche economico-finanziarie corrisponde una drastica riduzione della sovranità dello Stato-nazione. 

LE RETI SOVRANAZIONALI
Alcuni studiosi sostengono che i vecchi Stati territoriali potranno riguadagnare potere nella misura in cui riusciranno a costruire efficienti reti sovranazionali in grado di fare da contrappeso alla forza del mercato globale. In tal senso, l'Ue potrebbe essere il giusto approdo, ma al momento non s' intravedono le condizioni per sviluppare in quella sede le istituzioni indispensabili al fine di affrontare passaggi di tale complessità. Intanto, l'immigrazione non regolata (nel 2021 sono sbarcate più di 67.000 persone contro 34.154 dell'anno precedente) rischia di produrre in Italia conflitti esplosivi sia di ordine economico che di carattere culturale fra le fasce più deboli della popolazione. 

 

Quando trent' anni fa Samuel Huntington indicava alle classi politiche dell'Occidente che le sfide principali del XXI secolo sarebbero arrivate dalle nuove dinamiche dei mercati e dai flussi migratori furono in pochi a cogliere la portata di quella denuncia. La "società dell'esclusione", ammonisce il filosofo Michael Walzer, interrompe il circuito fiduciario fra governanti e governati minando alla lunga le basi della democrazia. D'altronde, la caduta di credibilità dei partiti - ne abbiamo avuto ampia dimostrazione nei giorni scorsi- e la disaffezione elettorale indicano che è in atto un pericoloso smottamento del "patto di convivenza". Oggi la domanda da porsi è se tali cambiamenti- soprattutto in una realtà tradizionalmente divisiva come quella italiana - riusciranno ad essere assorbiti senza traumi dal sistema democratico oppure se essi metteranno seriamente a rischio il carattere liberale della nostra democrazia. Al momento vi è solo una certezza: ignorare tutto ciò non sarà più possibile.

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