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Quirinale, la verità dal Transatlantico? L'unico terrore dei politici è... la poltrona

L'aula della Camera

Elisa Calessi
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Sospetti, paure e grande incertezza. È questo il clima che, anche ieri, si respirava in un Transatlantico pieno come se il Covid non esistesse, alla seconda giornata di votazioni per il Quirinale. Si comincia con dem e grillini che si guardano male, dopo aver letto la notizia che Conte avrebbe provato a fare l'accordo con Salvini su Franco Frattini, nome subito bruciato dall'inedita coppia Renzi-Letta per via delle presunte simpatie filo-russe. «Ma Conte», dice un deputato dem, «a che gioco sta giocando? Vuole ripristinare l'asse gialloverde? Sappia che se fa il gioco di Salvini, qui salta tutto». Bruciato Frattini, si torna a cercare un nome condiviso, di alto profilo, istituzionale, europeista, atlantista e via con aggettivi che ogni giorno aumentano, in modo inversamente proporzionale ai nomi papabili. E così nel Pd si torna a vagheggiare il calduccio di un impossibile Mattarella bis. «Bisognerebbe», ragiona un deputato dem, «che Draghi, vista l'emergenza sanitaria, la crisi internazionale tra Ucraina e Russia, constato l'empasse dei partiti, dicesse alle forze politiche: "Volete che resti a Palazzo Chigi? Ok. Ma a una condizione: che resti Mattarella". E con questo mandato va a chiederglielo.

 

 

A quel punto, cosa fa Mattarella? Dice di no a Draghi?». Poco più in là, in un capannello del M5S, Stefano Buffagni ammette che sì, il clima tra loro e il Pd, in queste ore, è piuttosto nuvoloso. Del resto, «chi l'ha detto che dobbiamo avere per forza la loro linea? Noi vogliamo valutare un nome anche di centrodestra. Non possono dirci che non si può solo perché loro vogliono Draghi. Come loro vogliono Draghi al Quirinale, noi, invece, vogliamo resti a Palazzo Chigi». Che poi anche questa lettura è semplicistica perché, in realtà, a volere Draghi al Quirinale è Enrico Letta e i suoi. Ma se va giù per li rami delle correnti e dei gruppi sono in pochissimi a volere che il premier abbandoni Palazzo Chigi per il Colle. E a microfoni spenti, i no crescono a dismisura. Piuttosto, il travaglio del Pd, in queste ore, è capire quanto ci si può fidare dei grillini. E, ancora prima, cosa pensano, dove vanno, quando e se li tradiranno. E si analizzano le loro parole come fa un marito geloso con la moglie che tarda a tornare. «Ma cosa si dice nel M5S?», chiede un deputato dem alla cronista. «Ma Crippa che dice di volere valutare nomi di centrodestra è dimaiano o contiano?».

 

 

IL BORSINO
Sospetti a parte, il borsino del Transatlantico, ieri, dava le quotazioni di Mario Draghi in deciso calo. I giudizi più tranchant contro il premier attuale risuonano nei capannelli pentastellati. «Draghi? Noi non lo voteremo mai. Mai». «Ma ci rendiamo conto che è la prima volta in Italia che un presidente del Consiglio vuole lasciare per andare al Quirinale?». «Scusa, ma non è SuperMario, Superman? E allora non possiamo toglierlo da dov' è...», dice, sarcastico, un altro grillino. Anche nell'emiciclo il clima di reciproci sospetti continua. Un deputato dem racconta che i capigruppo (o chi per loro) «controllano i secondi che stan dentro per vedere se fai scheda bianca o no. Perché se fai scheda bianca, stai pochissimi secondi, giusto il tempo di piegare il foglio, mentre se ti fermi un po' di più si capisce che hai scritto qualcosa». Giacomo Portas, dei Moderati, eletto nel Pd, rivendica, orgoglioso, di essere stato «l'unico a scrivere un nome di sinistra: Bersani. L'ho fatto per amicizia. Ma è curioso, no? L'unico nome di sinistra lo ha scritto un moderato». Nel frattempo cresce l'attesa per la rosa di nomi che il centrodestra ha annunciato di voler presentare. Finalmente arriva. «Guarda chi non c'è, quello è il loro candidato...», commenta, sornione, un deputato dem, E il grande assente è la presidente del Senato, Elisabetta Casellati.

Subito si diffonde, tra i dem, la paura che il centrodestra voglia portarla al quarto scrutinio, quando basterà la maggioranza. «Non è escluso», dicono i leghisti. E, anzi, con il passare delle ore l'ipotesi prende forza. Paradossalmente i più dubbiosi sono i parlamentari di Forza Italia: «Se poi prende pochi voti, è un bel disastro...». Meloni vorrebbe provare su Carlo Nordio, ma, dicono, Salvini non è convinto. L'operazione Casellati diventa l'argomento del Transatlantico. La presidente del Senato, si dice, potrebbe essere eletta coi voti di Italia Viva e gli altri centristi. Ma Renzi lo farebbe davvero? «Magari in cambio fa il presidente del Senato o lo fa fare a Casini». «Se Salvini fa l'accordo con Renzi e magari un pezzo del M5S, ci uccide», ammette un alto dirigente dem. «Ma se ce la fa, un minuto dopo questa maggioranza è finita e si va a votare», avverte un altro. «Draghi a quel punto si dimette. L'ha già detto, no? Se viene eletto un presidente con un'altra maggioranza, il governo è finito». Non si fa in tempo a digerire la mossa che, sempre tra i giallorossi, si consuma un nuovo incidente. «Ero in tv a spiegare che il centrodestra fa male a presentare una rosa di nomi, perché in questo modo impedisce il dialogo», racconta un deputato dem, «ed esce la notizia che noi facciamo lo stesso...». È Conte, dicono, a spingere per presentare una rosa.

 

 

Mezzo Pd, però, non ci sta. «È una mossa totalmente sbagliata, gliel'ho detto a Letta», racconta Andrea Marcucci. «È da matti, facciamo la stessa cosa che rimproveriamo a loro!», fa un altro. «Ma sì, perdiamo pure altro tempo...», scuote la testa un altro ancora. Il vertice giallorosso è rinviato di ora in ora. E alla fine si deciderà di non presentare alcuna rosa. Arriva Matteo Renzi, in grandissima forma. «Le cinquine o i terni vanno bene la tombola. Qui c'è urgenza di trovare una soluzione, c'è una situazione energetica e internazionale che chiedono di fare in fretta». Intanto girano i soliti nomi: «Se non presentano la Casellati, il punto di mediazione», spiega un dem, «è Casini. Qui alla fine lo votano tutti, pur di non votare Draghi». Il buio scende su Montecitorio. Lo scrutinio è finito. Si va ai ristoranti di zona per una notte di incontri e trattative. Il gioco è ancora all'inizio.

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