Silvio Berlusconi, i problemi sono anche in casa: Pietro Senaldi, i voti che gli mancano per il Quirinale
Era fissato per oggi il vertice decisivo del centrodestra nel quale Berlusconi avrebbe dovuto mostrare agli alleati i numeri, e i nomi, di quanti sono disposti a eleggerlo capo dello Stato. L'appuntamento però è slittato perché il leader forzista non scende a Roma. Si terrà domani, o forse addirittura nel fine settimana. Il Cavaliere non vuole ritirarsi dalla corsa malgrado il vento gli soffi contro, perciò prende tempo per rimpinguare la conta. La situazione di partenza è nota: il fronte degli alleati sta a quota 452, gli altri consensi vanno raccolti nel copraccione centrista del Gruppo Misto, tra i grillini in libera uscita e raccattando renziani in missione in trasferta e spiccioli di piddini ansiosi di sgambettare Letta. La vulgata è che Salvini e Meloni, secondo l'immutabile legge della politica per cui i nuovi leader ammazzano i padri per farsi strada, in realtà puntino su candidati diversi rispetto al fondatore del centrodestra e che nel segreto dell'urna lo tradiranno.
La prima cosa è verosimile; sia Matteo che Giorgia lavorano a un piano B, anzi a due piani B differenti, per non restare esclusi dai giochi nel caso la candidatura del Cavaliere naufragasse. La seconda invece è falsa: se Silvio convincerà gli alleati di avere trovato, fuori dalla coalizione, i numeri per essere eletto, Lega e Fdi non faranno mancare il loro sostegno. La cronaca ci dice anche che Vittorio Sgarbi, incaricato dall'interessato o forse di sua sponte, si è molto attivato nel reclutare nello schieramento avverso voti in favore del Cavaliere. L'operazione, detta «scoiattolo», è stata sospesa perché l'istrionico critico d'arte è troppo pittoresco e quindi controproducente, perché a conti fatti si è rivelato inconcludente, o forse perché il ruolo che si era ritagliato era troppo ingombrante per la corte di Arcore.
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Certo, se Berlusconi dovesse riprendere in mano la cornetta per autosponsorizzarsi, forse dovrebbe preoccuparsi di allargare l'agenda. Gli converrebbe comporre anche qualche numero amico. Da fuori infatti sostengono che il problema di Silvio sia soprattutto in casa. Un po' è tra i cortigiani che sanno di non poter traslocare con il capo al Quirinale, perché lì ci sono regole, riti e figure diverse. Un altro po' è tra quanti si sono ben ambientati alla corte di Draghi presso Palazzo Chigi e non vogliono fare le valigie, eventualità inevitabile se Berlusconi diventasse capo dello Stato; perché in tal caso, Enrico Letta sarebbe costretto a far cadere il governo entro ventiquattro ore.