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Antonio Socci e i giovani: "Ansia e solitudine, è la pandemia della disperazione"

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C'è un'altra pandemia in corso e stavolta colpisce soprattutto i giovani. È una pandemia esistenziale che ha conseguenze drammatiche. Da una recente ricerca, promossa dalla Fondazione Soleterre e dall'Unità di Ricerca sul Trauma dell'Università Cattolica di Milano, sulle conseguenze della tempesta Covid, emerge che il 17,3% degli adolescenti ascoltati pensa che sarebbe meglio morire o farsi del male. Il campione analizzato è piccolo (150 adolescenti fra i 14 e i 19 anni, interrogati a dicembre scorso su come hanno vissuto il lockdown e la pandemia), ma il panorama che ne emerge è davvero allarmante. Per esempio, il 40,7% di loro afferma di aver difficoltà a dare un senso a ciò che prova; il 34% dichiara di non saper controllare il proprio comportamento quando è turbato; il 69,3% dice che il trauma da pandemia è diventato parte della propria identità; il 34,7% fa fatica ad addormentarsi; il 12% afferma di non sentirsi in forma e il 36% di sentirsi triste. È chiaro che la condizione esistenziale dei giovani, già fragili e smarriti, si è drammatizzata con il Covid che ha messo a nudo le nostre giornate, ma c'era già una preesistente situazione di mancanza di proposte educative (per i giovani) e di vuoto di relazioni umane significative (per tutti). È

la grande pandemia spirituale delle nostre società occidentali. L'ha sottolineato nei giorni scorsi Davide Prosperi, attuale responsabile di Comunione e Liberazione, sul Corriere della sera. Ha scritto: «Già diversi anni fa il Surgeon General degli Stati Uniti, l'ufficiale sanitario dell'amministrazione, sosteneva senza esitazioni che la minaccia più grave alla salute pubblica non era il cancro o il diabete, ma la solitudine. Gli studi degli economisti Anne Case e Angus Deaton sulle "morti per disperazione" mostrano i nessi fra la riduzione dell'aspettativa di vita in alcune fasce della popolazione americana e il diradarsi dei legami sociali. Quante volte ci siamo ripetuti, riecheggiando le parole del Papa, che nessuno si salva da solo». Il problema da esistenziale diventa medico. Anche un recente rapporto Unicef ha sottolineato la necessità di prevenire o affrontare l'insorgere dell'ansia e della depressione fra i giovani. Si è rilevato addirittura che il 13% dei giovani tra 10 e 19 anni, nel mondo, vive con una diagnosi di disordine mentale (cioè ha avuto un aiuto psichiatrico o cose simili). È un dramma che finora non è stato considerato e studiato come si doveva, pure dalla medicina. Ma è grave. Anche perché secondo alcuni ricercatori la depressione può legarsi a patologie come infiammazioni, asma o malattie cardiovascolari. Risulta inoltre che il suicidio sia, nel mondo, la quarta causa di morte negli adolescenti fra 15 e 19 anni (dopo gli incidenti stradali, la tubercolosi e la violenza interpersonale): in Europa e Nord America è la seconda. C'è chi crede che la risposta possano essere dei corsi nelle scuole per l'incremento di "life skills", le abilità nella gestione delle emozioni e dello stress: dovrebbero dare capacità di adattamento, di far fronte alle sfide della vita e poi pensiero critico e creativo. Come se «il guazzabuglio del cuore umano» si risolvesse con una tecnica "americana". 

AZIENDALISMO - Il Parlamento sta decidendo di avviare già dal prossimo anno questa sperimentazione. Sarà uno spreco di soldi e ore scolastiche? Forse sì. Sembra un approccio molto aziendalista, che divide la persona in parti da rendere più efficienti. L'uomo invece è uno: la fuga di Enea, la foresta oscura di Dante o le vicende di Renzo e Lucia fanno capire la nostra vita ed esprimono in parole le nostre emozioni. La fatica dello studio della matematica o del greco o della chimica impone una disciplina anche fisica (diceva già Gramsci) che porta controllo di sé e dello stress. E sono le stesse materie curriculari che devono dare capacità critiche e creative. Del resto quali ricerche sono alla base di questa sperimentazione? Nella comunità scientifica non ci sono pareri concordi. Un recente editoriale di Nature (7 ottobre) si è occupato della generale situazione di disagio giovanile (anche dei problemi di ansia e depressione) arrivando a conclusioni deludenti. Giancarlo Cesana, medico e docente universitario con molti titoli specifici (fra l'altro, anch' egli per anni responsabile di Comunione e Liberazione, una grande realtà giovanile) ha analizzato sull'ultimo numero di Tempi sia il rapporto Unicef che l'editoriale di Nature ed ecco il suo giudizio: «il mio commento è che per un problema effettivamente grave e urgente quale il peggioramento della salute mentale delle giovani generazioni il contributo degli scienziati, stando all'editoriale di Nature, appare veramente scarso e prospetticamente povero... È completamente tralasciata la considerazione dell'educazione e della libertà.

 

La libertà che come scopo ed esito dell'educazione non è fare quello che si vuole, fosse anche la scienza, ma adesione al vero. Forse che l'aumento dell'ansia e della depressione nei giovani possa essere la conseguenza di una educazione mancante o sbagliata, di una libertà monca, non adeguatamente utilizzata? Forse che la questione non è, o non è semplicemente scientifica? Non sono domande da poco, visto che la maggioranza delle persone, anche quelle colte come gli scienziati, consapevolmente o di fatto, pensano diversamente e che i giovani continuano a stare peggio». Il dilemma in sostanza riguarda la stessa condizione umana. Albert Camus, che vinse il Nobel per la letteratura a 44 anni, iniziava "Il mito di Sisifo" con queste drastiche parole: «Vi è solamente un problema filosofico veramente serio: quello del suicidio. Giudicare se la vita valga o non valga la pena di essere vissuta, è rispondere al quesito fondamentale della filosofia. Il resto - se il mondo abbia tre dimensioni o se lo spirito abbia nove o dodici categorie- viene dopo. Questi sono giuochi: prima bisogna rispondere». Al di là della provocazione filosofica sul suicidio, l'uomo ha bisogno di scoprire il senso dell'esistere, di incontrare una proposta (in famiglia, a scuola, nella società) o un volto che indichi uno scopo esauriente per vivere, uno scopo che affascini e risponda alle aspettative e alle domande. Altrimenti si è smarriti e infelici. Ci si ammala del male di vivere perché «il cuore dell'uomo è un abisso» (salmo 63).

 

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