Quirinale, Alessandro Sallusti e la settimana più difficile per Silvio Berlusconi: la minaccia delle toghe
Tutta l'attenzione è concentrata sull'elezione del nuovo Capo dello Stato. La pallina sta per essere gettata nella roulette, non del casinò ma di quel casino che è la politica e Silvio Berlusconi deve decidere se puntare su se stesso o passare la mano. Ieri vertice con gli alleati che gli hanno dato un sostanziale via libera, ora toccherà a lui l'ultima parola. Conta e riconta i numeri sulla carta potrebbero esserci, mala carta non è la realtà per di più inquinata da trabocchetti e infedeltà. È come giocarsi tutto su un colore, rosso o nero, del tavolo verde: o raddoppi e vai al Quirinale o perdi tutta la posta, nel senso che una sconfitta comporterebbe quasi automaticamente una uscita di scena e forse anche una dissoluzione del centrodestra come lo conosciamo oggi perché vorrebbe dire che non tutti i suoi alleati lo hanno seguito in questa scommessa.
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Dicono che Berlusconi si sia dato sette giorni per decidere, forse la settimana più difficile e delicata della sua lunga vita per altro ricca di bivi decisivi e di slalom per evitare i colpi bassi di una magistratura malata che non dà alcun sintomo di guarigione. Ieri il Consiglio di Stato, massimo organo della giustizia amministrativa, ha decapitato la magistratura ordinaria annullando le nomine, fatte nel 2020, del primo presidente della Cassazione Pietro Curzio e del suo aggiunto Margherita Cassano, cioè i capi in testa della magistratura italiana. In sostanza il Csm li avrebbe nominati in spregio a requisiti oggettivi ma seguendo logiche correntizie a scapito di concorrenti ben più qualificati. Attenzione, non parliamo del Csm a guida Palamara ma di quello che ha epurato Pala mara per farci credere che, via lui, ordine e onestà sarebbero tornati come d'incanto.
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Niente di tutto questo, evidentemente il problema non era Palamara ma il "sistema" che lo aveva generato e che continua a operare come prima e se possibile più di prima. Il pericolo per la democrazia non è quindi se Berlusconi salirà o no al Colle, né condannare Palamara alla gogna perpetua. La democrazia è in pericolo non per l'inquilino del palazzo del Quirinale ma per gli inquilini di palazzo Marescialli, sede del Csm. Il giorno che si riuscirà ad affrontare davvero questo cancro non sarà mai troppo tardi.