Cerca
Cerca
+

Tomaso Montanari, l'ignoranza pericolosa degli pseudo-colti: quella ridicola frase su Mario Draghi

Esplora:
Tomaso Montanari

Giovanni Sallusti
  • a
  • a
  • a

L'ignoranza pseudocolta è la più miope e accanita. Lo dimostra una volta di più il (poco) magnifico rettore dell'Università per Stranieri di Siena, quel Tomaso Montanari che nel derby del fanatismo interno al Fatto Quotidiano fa sembrare Andrea Scanzi uno accorto. Ieri l'accademico inconsolabile orfano del socialismo (ir)reale giallorosso ha pensato di entrare nelle tendenze social attorno alla conferenza stampa del presidente del Consiglio consegnandoci la seguente, meditata, ragionevole analisi: «Ha governato la peste guardando al Pil, non alle vite». A parte la prevedibilità dell'immagine, che si dà arie di letteratura manzoniana quando è rifuggita come rafferma anche dall'ultimo cronista locale, c'è da dire che Montanari può permetterselo. Può fingere di non sapere, e persino ignorare con sincerità superba, che il "Pil" e la "vita" non sono due orizzonti separati.

 

 

Per molti, magari non eruditi sulle sottocorrenti del tardo Barocco come il magnifico prezzemolino dei talk show, ma assai ferrati nell'arte misteriosa di produrre da sé il proprio sostentamento, i due orizzonti coincidono pure. Non nel senso che il Pil esaurirebbe la vita, l'economico non è l'intero dell'umano, proferiamo ovvietà per non dare la stura a quel moralismo cattocomunista contro il denaro sterco del demonio in cui tutti quelli che come Montanari si definiscono allievi di don Milani sono maestri. Ma che la vita sia anche attività, attività che trasforma il mondo, produce valore e su questo costruisce relazioni con l'altro, è parte integrante di quell'ideale rinascimentale di "homo faber" tanto vezzeggiato nelle poco produttive aule universitarie. Un filosofo liberista come Friedrich Hayek lo chiamerebbe l'ordine spontaneo della "catallassi", ma chi ce l'ha più chiaro è il barista sotto casa di Montanari, il ferramenta di fronte, il fioraio all'angolo. Semplicemente, tutti coloro che, come la pandemia ha dimostrato irrevocabilmente, costituiscono oggi la vera classe subalterna: i non-garantiti. Quelli per cui il lockdown significa anche serrata del portafogli, dei progetti, appunto, di vita, dell'avvenire.

 

 

E sì, è vero, Mario Draghi nella sua azione di governo ha cercato di non fingere che questa parte di Paese (la sola da cui può generarsi qualcosa come lo stipendio di Montanari, en passant) non esista, ha introdotto il paradigma del "rischio ragionato" invece di quello delle chiusure filocinesi per questo, perché sa che il crollo del Pil non è un grafico professorale, lo misuri in disoccupazione, mancata realizzazione, fame, morte sociale e non solo (e proprio qui sta il suo principale merito politico). Ora, il rettore di un ateneo statale può effettivamente non avere la più pallida idea di tutto ciò, può davvero pensare che il bonifico che visualizza dalla sua scrivania ogni fine mese scaturisca da un'entità metafisica chiamata "soldi pubblici", e non dagli unici soldi che come ricordava Margaret Thatcher esistono in natura, quelli dei contribuenti. Può continuare a produrre tweet, mentre altri si occupano di produrre il suddetto bonifico.

Dai blog