Alessandro Sallusti: "Mattarella? Bel discorso, qualche amnesia", il silenzio sul disastro-giustizia
Bel discorso quello con cui il presidente Sergio Mattarella ha chiuso l'altra sera, salvo colpi di scena sempre possibili, il suo settennato al Colle. Da sottoscrivere la sua analisi di ciò che è stata e che dovrà essere la lotta al Covid, condivisibile l'invito all'ottimismo per completare la ripresa economica, efficace il messaggio ai giovani a «non essere spettatori, a sporcarsi le mani e a mordere la vita per raggiungere i propri obiettivi» citando a sorpresa la lettera scritta due anni fa ai suoi studenti dal professor Pietro Carmina, morto di recente nel crollo della sua casa di Ravanusa. Tutto perfetto, peccato il silenzio assoluto su uno dei temi più scottanti e irrisolti che tormentano il Paese e che Mattarella ben conosce essendo stato in questi ultimi sette anni anche capo del Consiglio superiore della magistratura.
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Già, sette anni in cui non è riuscito, o non ha potuto, mettere ordine in quel "sistema giustizia" che travalicando i suoi compiti e non rispettando i suoi doveri ha inquinato la democrazia, devastato vite e famiglie. Questa non è una opinione, è un fatto accertato - basti pensare al caso Palamara e agli scandali che sono seguiti - ma rimasto impunito durante il settennato di Mattarella. Di più, tutto è continuato come se nulla fosse e ancora oggi la magistratura scorrazza in lungo e in largo opponendosi a qualsiasi tentativo di arginarne l'invadenza.
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Per questo ci sarebbe piaciuto che oltre alla lettera del professor Carmina, Mattarella, l'altra sera ne avesse citata un'altra, quella scritta prima di suicidarsi da un altro bravo uomo, Angelo Burzi, ex consigliere regionale piemontese di Forza Italia, prima debilitato e poi vinto da un accanimento giudiziario feroce messo in atto nei suoi confronti dalla Procura di Torino, trattamento peraltro risparmiato, per la stessa ipotesi di reato, ai suoi ex colleghi della sinistra: «Pensavo di avere dei giudici - ha lasciato scritto - ma non è così. Il mio gesto estremo è l'unica strada da me ancora percorribile...». Ecco, il presidente Mattarella ci lascia sì esempi da seguire ma il suo girarsi dall'altra parte di fronte alle derive della magistratura a lui affidata è un peccato non veniale. Chissà se un giorno capiremo perché ciò sia potuto accadere.