Farina e il Muro di Berlino: dopo 32 anni per i deputati del Pd non era comunista
Ieri è stato il trentaduesimo anniversario della caduta del Muro di Berlino. Non essendo un numero rotondo, quelli che tra i politici si esprimono, si vede che ci hanno pensato su, e lanciano un messaggio. Dal centrodestra, da Berlusconi a Meloni, si guarda con commozione alle vittime e si punta il dito della memoria contro il comunismo carnefice e le sue occulte eredità. Dalla sinistra, come testimonia la dichiarazione di Debora Serracchiani, capogruppo del Pd alla Camera, la parola d'ordine è: dimenticare gli orrori del comunismo. Evitare proprio di nominare questa bestia ideologica, con un'operazione di cancel culture da falsari, che equivale allo sbianchettamento staliniano dei propri fantasmi. Ha diffuso questo messaggio, la deputata friulana: «Il 9 novembre di 32 anni fa cadeva il Muro di Berlino.
Nel corso di questi anni troppi altri muri, sia fisici sia mentali, sono stati e continuano a essere eretti, dividendo i popoli. Dobbiamo invece lavorare per costruire ponti e abbattere i muri dei pregiudizi e dell'odio». Bisogna far credere che il comunismo non sia mai esistito, e dunque non va mai nominato, non c'è da rintracciare qualcosa che non va nelle proprie radici per capirne le ragioni. In fondo la grande foto di Togliatti, che benedisse quel muro, campeggiava tra i giganti ispiratori dell'Ulivo prima e del Partito democratico poi. Dunque bisogna innaffiare il popolo con l'abracadabra della dimenticanza, espungere dal discorso pubblico l'evidenza che l'Unione Sovietica schiavizzò popoli interi con il concorso solidale di Togliatti mentre l'oro di Mosca scorreva ancora per tutti gli anni 80 verso Botteghe Oscure. Ehi, strappatevi la mascherina. Raccontate almeno un minimo di realtà, signori compagni. Il muro di Berlino non è stato un incidente, ma espressione perfettamente in rima con l'essenza del comunismo: il gulag. Non è stato prima di tutto il simbolo della guerra fredda, ma il perfetto autoritratto del comunismo: la galera dei popoli.
Quel regime, e con esso la sua ideologia, sono falliti per tanti motivi. Ne diamo due: 1) il comunismo non funziona economicamente, riduce alla fame i sudditi e ingrassa la nomenclatura. Prima di finire nella fossa le genti si ribellano. 2) Il desiderio di libertà evocato da papa Wojtyla, è più forte della menzogna; il potere dei senza potere descritto da Vaclav Havel, scioglie irresistibilmente l'armatura d'acciaio del totalitarismo, sfonda come carta velina i muri. Innesca i canti dei giovani e i versi dei poeti. Conosciamo molto bene il luogo comune: il comunismo italiano era un'altra cosa. Certo che li abbiamo conosciuti tutti i tipi umani alla Peppone. In buona fede, ma al diavolo la buona fede, vedevano quel muro come il confine del Paradiso da cui dei fascisti volevano scappare. Qualcuno ricorda? Quando cadde il muro poi ci fu la Bolognina.
Le lacrime non furono sparse per le vittime del comunismo, per i 943 tedeschi ammazzati dai Vopos, cara Serracchiani, ma per il frantumarsi di un sogno, di cui nessuno dei dirigenti comunisti, dopo aver cambiato nome alla casa, pagò il prezzo morale e politico. Il muro dell'orrore l'hanno inventato i comunisti. In una notte, tra il 12 e 13 agosto del 1961, stesero 155 chilometri di filo spinato, e poi il muro, e le torrette dei killer: 943 furono i tedeschi cui a colpi di mitraglia furono spezzate le ali della libertà. L'Unità del 14 agosto annunciò l'evento con questo titolo: «Misure di sicurezza della RDT ai confini con Berlino Ovest».
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Il testo della notizia spiegava che «contro le attività di spionaggio e provocazione dei revanscisti di Bonn (allora capitale della Germania federale, ndr) sono state assunte misure di sicurezza che ogni Stato sovrano applica alle proprie frontiere». Il 20 agosto Palmiro Togliatti con volo pindarico catechizzò il popolo a proposito di quell'evento sostenendo che il mondo stava assistendo a uno «scontro fra il partito della guerra, capitalista, e il partito della pace, che aveva la sua guida nell'Urss» (citato da Mario Cervi). Il tutto in perfetta consonanza con la propaganda della Ddr che aveva chiamato così «Berliner Mauer»: «Antifaschistischer Schutzwall», barriera di protezione antifascista. Rovesciamento della realtà. La sinistra insiste.