Vicenzo Spadafora, l'affondo dopo il coming-out: "Io, gay, vi spiego perché i grillini usano i gay"
Gay e missionario. Il M5S che ha in testa Vincenzo Spadafora, già sottosegretario alle Pari Opportunità nel governo pentaleghista e poi ministro dello Sport nell'esecutivo pentapiddino, sposa con spirito critico e una dialettica intensa il «campo progressista» nel quale lui in persona e a mezzo stampa (anzi libro più tv) si lancia e autopromuove con coraggio e entusiasmo come profeta del politicamente corretto, indiscusso e a tutti i costi. Lo fa attraverso le pagine della sua nuovissima fatica letteraria: Senza riserve, appena edito da Solferino. Come cassa di risonanza non casuale sceglie uno dei templi televisivi del politically correct: la messa laica domenicale di Fabio Fazio su Rai 3.
Un campo nel quale, sulle orme di altre celebri profetesse - dalla Boldrini alla Boschi - essere, ovvero identificarsi (meglio se in una minoranza), vale decisamente come valore aggiunto, a tal punto da poter mettere tra parentesi anche le capacità o le conoscenze. In fondo fu proprio Spadafora, lasciando l'incarico ministeriale, a dichiarare di aver conosciuto davvero l'ambito e le dinamiche sportive solo facendo il viceministro, tornando poi ripetutamente pure a spiegare il senso di tale affermazione, a suo dire giustificativa di una pretesa terzietà, tesa a favorire di fatto l'autonomia di pensiero del ministro stesso. (Sic!) Oggi, però, il vento dev'essere evidentemente cambiato e, in barba alla terzietà, la missione "omosessualista" la capisce, la racconta e la usa in prima persona come arma di scontro politico, proprio perché lui per primo la vive dal di dentro. Commozione e applausi. In questo caso, dunque, tertium non datur.
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Perché il brusio alle spalle di un omosessuale velato o anche solo mezzo dichiarato, peggio se pure parlamentare, a un certo punto diventa insopportabile. E poco importa, dunque, se il ddl Zan è stato affossato proprio in quello stesso campo progressista-buonista-politically correct. L'icona da seguire in materia di diritti (più editoriali che civili) è proprio il relatore del testo di legge contro l'omotransfobia, Alessandro Zan, che ha scelto di affiancare, anche lui, alla sua battaglia politica pure una bella tournée di presentazioni in libreria tendenzialmente autobiografiche. Missionari loro. Gay impegnati che, legittimamente, si preparano ormai a una prossima rielezione... ovviamente in quota gay. Zan nel Pd che lo rende suo malgrado martire. Spadafora nel M5S, gruppo che nel 2016, animato dal sacro fuoco del purismo pro adozioni gay, non votò il testo finale della legge Cirinnà sulle unioni civili, portatrici, quelle sì, di diritti civili veri a tante coppie omo-normali, anche non famose.
Roba da far rimpiangere il primogenito gay grillino per eccellenza, l'ex gieffino Rocco Casalino che almeno il suo coming out l'ha fatto, ma almeno senza la coperta di Linus dell'impegno politico-frocio-progressista. Di Rocco semmai divennero ben più famose le video -gaffe grossolane sugli afrori tre volte diversi degli omosessuali «poveri e rumeni dal profumo agrodolce». E chissà quanto è casuale, allora, anche il fatto che, a finire nel mirino finto-buonista di Spadafora, c'è proprio la comunicazione del M5S, il cui vate, fino a prova contraria, nell'era pre -Draghi è stato proprio Casalino. La guerra nel M5S si fa cupa e anche gli arcobaleni, a fronte del loro altro ruolo pacifista, diventano armi contundenti. E mentre al povero Giggino Di Maio è toccato difendersi, ospite di Lilli Gruber, dall'accusa di dichiarata eterosessualità, al nuovo leader M5S, Giuseppe Conte, non resterà che chiamare a raccolta le sue fan più indefesse: le famose bimbe di Conte, possibilmente armate di borsette aguzze da utilizzare in difesa della virilità del maschio grillino eterosessuale, non più così di moda da quelle parti.
*Segretario nazionale GayLib