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No Green Pass, Renato Farina contro i violenti che non vogliono il certificato vaccinale: "Fermateli"

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Renato Farina
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Ottomila a Trieste. Quattro-cinquemila a Milano. Non ci sono stati incidenti gravi nelle due manifestazioni no greenpass: e dovremmo accontentarci? Dovrebbe bastarci e quietarci il fatto che non c’è stato – come qualcuno temeva o forse sperava – il morto o il ferito grave? Sarebbe un quietismo idiota. La statistica, la logica, il buon senso dicono che morti ce ne saranno. Non in piazza, per fortuna, non oggi perlomeno. Il fuoco attizzato dai due poli feroci dell'estremismo di destra e di sinistra non ha attecchito. Non ha funzionato il corto circuito che fa impazzire la folla trasformandola in un mostro onnivoro. Deo gratias. Ma fino a quando si darà il beneplacito, fornendo nutrimento ideologico a chi si lascia sedurre da organizzatori con il curriculum di brigatisti e di sobillatori? La gran maggioranza di quanti ieri si sono radunati e hanno scandito no-green-pass-no-gren-pass non si sono fusi come un sol uomo con gli scalmanati.

 

 

 

Il problema è che è sconsiderata questa sfida, è violento in sé questo andare in corteo, stringendosi, invadendo marciapiedi tra ignari passanti, è una violenza in sé. Dai che lo sappiamo. Il morto ci sarà. Non sarà uno oggi in corteo, magari molti di loro sono furbi e si sono davvero vaccinati come dicono. Ma sono la minoranza silenziosa che da queste sceneggiate pubbliche si sente confermata nella propria paura, trovando motivazioni nel proprio pregiudizio dal sostegno vero o presunto di personalità famose, identificate quasi fossero loro cardinali protettori, da Adriano Celentano a Maurizio Belpietro, con tanto di cartello con un bel «grazie» accanto al loro nome, come documenta la galleria fotografica di corriere.it. La certezza dell'ampliarsi del contagio, e dunque il rischio di future vittime è insito, piaccia o no, in questa volontà negatrice del no pass. In questo radunarsi non per far presente un'idea al resto del popolo, dato che ormai la conosce benissimo, ma per trasferire l'oggetto del terrore dal Covid all'anti-Covid. Con l'intenzione di contaminare con il dubbio sistematico chi dovrebbe accingersi a preparare il braccio per la terza dose, ed oggi si sente travolgere da un messaggio battuto letteralmente sul tamburo. La cronaca dettagliata delle manifestazioni sta in altri articoli di queste pagine. Qualche sbandamento c'è stato a Trieste.

 

 

 

Ma lo sbandamento si è già registrato la scorsa settimana nel bollettino degli ammalati, e ora il loro numero avrà di certo un'impennata, è una certezza epidemiologica, poi qualcuno dirà, con il volto coperto, magari alla Rai, su Report probabilmente, e con l'amplificazione ulteriore com' è accaduto nei giorni scorsi de La7, che i dati sono manipolati, che è una truffa ulteriore per far guadagnare denaro alle multinazionali. E il terzo vaccino della Pfizer è una bomba nel sangue. E giù morti. Anzi su il diagramma dei morti. Parto da un dato di esperienza. Ineludibile per la mia coscienza. Nei giorni scorsi sono stato agli "Spedali civili" di Brescia per controlli, ma questo non c'entra. Con due professori abbiamo parlato anche di vaccini, greenpass, no vax. Sono uscito con la certezza morale che occorre mettere da parte tutti i dubbi e vaccinarsi. E tutelare al massimo la società e il prossimo dal virus impedendone la circolazione. Conoscere vuol dire anche fidarsi, salire sulle spalle di chi non solo ha studiato ma anche sperimentato e sta sperimentando l'azione del virus. «Qui quindici mesi fa morivano di Covid anche 150 persone al giorno. Oggi il 90 per cento dei ricoverati sono non vaccinati. E il resto, il 10 per cento colpiti anche se vaccinati, lo sono in forma blanda. Chi arriva e non è vaccinato trova scuse pietose, del tipo che si era prenotato ma non ha fatto in tempo. Gli ho detto: sia uomo, e dica la verità».

Il principio di precauzione, teoricamente sempre legittimo a fronte dei rischi connessi a qualsiasi assunzione di farmaco o vaccino (ci sono ancora testimoni di casi di conseguenze efferate del siero Sebin contro la poliomielite), deve fare i conti con il principio di precauzione della collettività dal virus. Non si esce da questo dilemma teorico. Si chiama conflitto di valori. E qui vige il dovere delle legittime autorità di decidere. I singoli possono opporsi giuridicamente, e poi civilmente esercitare l'obiezione di coscienza, pagandone però le conseguenze di legge. Senza sanzioni le istituzioni, la stessa democrazia, perdono credito, si fanno male da sole. La divaricazione del corteo di Milano, con l'ostentazione della disobbedienza, dimostra che non si vuole manifestare un'opinione come da diritto inviolabile, ma giocare con la salute del prossimo. Uno slogan ben scandito a Trieste e riproposto a Milano affermava: «Ora e sempre resistenza contro lo Stato di violenza». Violento è chi apre le paratie per la quarta ondata del virus. 

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