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Carlo Calenda, raptus in Campidoglio e Vittorio Feltri gode: "Un paladino, evviva"

Vittorio Feltri
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Carlo Calenda, già candidato sindaco di Roma, purtroppo trombato, comincia a diventarmi simpatico. Infatti è stato protagonista di un episodio che dimostra l'esigenza dei consiglieri comunali e dei giornalisti costretti a raccontarne le gesta, di conquistare la perduta libertà. L'illustre politico a un dato momento si è recato in un cortile del Campidoglio per fumarsi in santa pace una sigaretta. Nel frattempo ha notato un cartello con una scritta minacciosa: vietato fumare. Poiché lo spiazzo si trova all'aperto, dove le esalazioni del tabacco combusto non possono dare fastidio ad alcuno, il prode Calenda ha afferrato giustamente l'assurdo avviso e lo ha deposto in un angolo. Cosicché vari consiglieri e giornalisti, sentendosi liberati, si sono accesi allegramente delle paglie e hanno cominciato ad aspirare con somma gioia. Non l'avessero mai fatto.

 

 

 

Sono intervenuti alcuni pizzardoni, intimando ai fumatori di spegnere i sapidi mozziconi. Si è infiammata una discussione. I vigili, rigidi nelle loro divise di ordinanza, si sono dimostrati irremovibili nell'imporre il divieto, mentre gli stessi fumatori hanno preteso di consumare la cicca accesa. Non sappiamo come la disputa sia finita, però ci rendiamo conto che i disubbidienti, capitanati dall'eroico Calenda, hanno infranto un tabù. E di ciò va loro reso merito.

 

 

 

Ovvio che non si possa consumare tabacco nelle austere aule municipali, ma nel cortile, all'aria aperta, va consentito a chiunque di esercitare gaudium magnum il proprio vizio di riempirsi i polmoni di nicotina, cosa brutta solo per chi, salutista, non ha mai provato ad accendersi una Marlboro. Noi siamo dalla parte di Calenda e dei suoi seguaci, da qui all'eternità.

 

 

 

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