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Vaccino e rischio quarta ondata, la lezione di Israele: dopo il richiamo, mortalità azzerata

Lorenzo Mottola
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Avanti con le terze dosi, non solo per gli over-60. Ieri mattina il ministro Roberto Speranza ha tenuto una conferenza stampa per illustrare alcune decisioni prese dal governo sulle misure anti-Covid. I dati dai territori non sono buoni: a seconda delle Regioni, si assiste a bruschi aumenti del numero contagiati (fino al 50% in Veneto). E la responsabilità secondo gli esperti sarebbe da attribuire al calo delle difese immunitarie nelle prime persone sottoposte a vaccino all'inizio della campagna, in particolare negli anziani. Dopo sei mesi la forza dei prodotti Moderna e Pfizer cala significativamente. E il virus torna a colpire. Era prevedibile che ciò accadesse, in altri Paesi era già stato visto. Questo però ci dà buone speranze anche riguardo al funzionamento della soluzione proposta: il cosiddetto richiamo "booster". Il riferimento è a quello che tutto il pianeta guarda come "caso pilota" della pandemia, ovvero Israele. Come noto, il governo di Gerusalemme grazie ad accordi particolari con la Pfizer ha bruciato tutte le nazioni occidentali sul tempo, riuscendo ad anticipare di mesi le nostre campagne vaccinali. Ad inizio agosto, a Tel Aviv è stato registrato un forte aumento di ricoverati e morti.

 

 

Quasi pari alle prime ondate. Proprio come in questi giorni in Italia. Ma la reazione è stata tempestiva: subito terze dosi a tappeto. Oggi il 45% della popolazione israeliana ha già fatto il richiamo. E gli effetti sono esattamente quelli auspicati: la media dei decessi per Coronavirus oggi è stata ridotta a tre al giorno. Secondo uno studio pubblicato da Lancet questa settimana (e realizzato da ricercatori di Harvard sulla popolazione che ha ricevuto la terza dose ad agosto), a sette giorni dal richiamo il rischio di ricovero ospedaliero si abbassa del 93%. In parole povere, l'Italia ha un sentiero tracciato. Anche se c'è qualche differenza c'è tra noi e loro. Prendiamo prima gli aspetti positivi. Per certi versi, le cose sono andate meglio dalle nostre parti: i no vax israeliani sono più numerosi dei nostri e ben rappresentati soprattutto nelle comunità ortodosse e in quelle arabe immigrate. Il che probabilmente spiega come mai da noi l'aumento di contagi è meno marcato rispetto a quello visto nel paese mediorientale. Le buone notizie, però, per noi finiscono qui. Prima di tutto a chi dice che la nostra campagna per la terza dose procede a gonfie vele tocca sottoporre alcuni dati: siamo poco oltre il 3% di nuove iniezioni sul totale della popolazione, dietro a nazioni come la Cambogia o El Salvador, che non rappresentano certo un faro per i sistemi sanitari del nostro pianeta.

 

 

E c'è anche da dire che buona parte dei centri vaccinali italiani in queste settimane sono stati chiusi, quindi procedere con somministrazioni di massa potrebbe comportare qualche difficoltà. Riguardo agli approvvigionamenti, le scorte ci sono (circa 9 milioni di dosi in magazzino). Ora però bisogna usarle. La conferenza stampa di ieri aveva proprio questo obiettivo: annunciare che è necessario un cambio di passo sui richiami. Speranza chiede di "accelerare". Le Regioni, tuttavia, restano in attesa che da Roma arrivino indicazioni su come partire, perché al momento non è chiaro neanche quale saranno le fasce d'età da puntare. Infine, bisogna tener presente quale è stato l'andamento della "curva" dei decessi in Israele. Dopo l'inizio della campagne per le terze dosi, ci sono volute alcune settimane per vedere degli effetti positivi sui bollettini. Anche in Italia, quindi, le cose potrebbero peggiorare, prima di migliorare. Ultima nota: non è affatto detto che con il "booster" sia tutto finito. In Israele c'è anche chi parla di quarta dose. Per fortuna, però, per allora potremmo avere anche altre armi, ovvero il farmaco antivirale in grado di curare i malati, già sperimentato da due case: Merck e Pfizer.

 

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