Greta Thunberg si rassegni, ma quale clima: i vertici li fanno per lasciarci in mutande
Cara Greta, rassegnati: il «bla bla bla» è destinato a continuare, sarà una telenovela infinita. Al Cop 26 di Glasgow, a ruota del G20 di Roma, abbiamo infatti assistito ad una specie di mega-show climatico, con tutti i Grandi (o quasi) che si sono profusi in mille promesse ed impegni sulla necessità di voltar subito pagina per combattere l'apocalisse del riscaldamento globale che incombe sempre più sulla terra e sulle nostre teste. Tante roboanti dichiarazioni, tanti impegni presi sulla carta, tanto ottimismo profuso dai vari leader (Draghi compreso) sul futuro della battaglia in corso, tantissimi finanziamenti promessi: un impegno complessivo che, stando alle parole, dovrebbe farci raggiungere l'obiettivo «zero carbonio» nel giro (ottimisticamente parlando) di alcuni anni.
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E in molti si sono così chiesti: vuoi vedere che stavolta si cambia sul serio? La speranza si è quindi diffusa in tutto il mondo, ma attenti a non farsi troppe illusioni perché in terra scozzese è andato in onda un «dejà vu», un film trasmesso già troppe volte. In effetti, all'indomani della passerella mondiale dei tanti «big» (solo a parole) sono cominciati ad affiorare molti dubbi: siamo così sicuri che la strada sarà veramente in discesa come quella che ci hanno raccontato quasi tutti i potenti della terra? Non siamo invece di fronte all'ennesima riproposizione del «passata la festa, gabbato lo santo»? Propendo per la seconda ipotesi: a farmi aprire gli occhi è bastata la lettura dell'ultimo "report" di Mediobanca sullo stato di salute dell'economia. L'analisi, sia pur indirettamente, è servita infatti a rafforzare i miei dubbi: non potremo fare a meno facilmente di tutti quei prodotti che oggi continuano ad inquinare l'ambiente. In altre parole, la strada da percorrere per arrivare al cambiamento climatico del globo intero sarà lunga, molto lunga. Cosa dice via Filodrammatici?
Dice che le previsioni di crescita economica nel mondo per l'anno prossimo, superata la battuta d'arresto del 2020 causa-Covid, arrivano al 4,9% dopo il balzo del 5,9% del 2021. Ma tali previsioni continuano ad essere fortemente condizionate dalle possibili tensioni sui prezzi di energia, gas e petrolio, così come dal rialzo delle quotazioni delle materie prime dovuto alla loro scarsa disponibilità. In particolare, a mancare sul mercato sono plastica, acciaio, ferro, rame, stagno ed alluminio, cioè proprio quelle materie prime che dovremmo combattere sul fronte ambientale per i loro effetti nocivi. E allora? Dobbiamo prendere atto che l'equazione proposta dai Grandi continua a non quadrare per il semplice motivo che qualsiasi ricetta sembra stridere con una realtà molto complessa. Non possiamo davvero illuderci nonostante i maxi-impegni (finanziari e non) che sono stati presi: «bla, bla, bla». Di questo passo, dopo il vertice di Glasgow, non ci resta neppure il gonnellino scozzese: rimaniamo in mutande.