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Pensioni, l'unico antidoto alla crisi dell'assegno è il lavoro: un consiglio al governo Draghi

Antonio Mastropasqua
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La minaccia dello sciopero generale per le pensioni riporta la memoria di un tempo che speravamo passato. Per sempre. Le organizzazioni sindacali (e anche quelle datoriali, per la verità) continuano a considerare la pensione come un ammortizzatore sociale, come la cassa integrazione. In questo modo insistono nell'acuire l'opposizione tra generazioni, proprio quando si parla di un istituto per definizione vocato alla solidarietà intergenerazionale. Non si può insistere nel far pagare il conto - della crisi demografica, così come del favorevole aumento dell'aspettativa di vita (Covid a parte) - ai più giovani, privilegiando coloro che stanno per concludere la propria carriera lavorativa. Fissare lo sguardo su qualche migliaio di dipendenti che potrebbero guadagnare tre o quattro annidi pensione, costringe a non vedere i milioni di giovani che sono destinati a dover ridurre le proprie aspettative previdenziali.

 

 

Non è uno spettacolo edificante il litigio su qualche numero - da quota 100 a quota 102 o 104 o 41 - che sembra confermare la crisi di prospettiva che si vuole imporre. Lo spirito di ri-fondazione nazionale, invocato dopo la pandemia, anche con strumenti finanziari eccezionali (come le risorse collegate al Pnrr) sembra inadeguato alla riemersione di piccoli calcoli di modesto cabotaggio politico. Si invocano visioni e riforme e si finisce per riproporre formule esangui: scalini, scaloni, salvaguardie, quote. Tutto pur di non decidere una visione di sostenibilità sociale e finanziaria.

Qualunque sia la mediazione che il governo riuscirà a proporre (o imporre) sembra che la materia pensionistica voglia essere sottratta al disegno del futuro del Paese. E i disegni hanno bisogno di prospettiva. Negli sguardi verso l'orizzonte sarebbe già molto non ricadere in errori marchiani verso i quali i nostri politici amano incorrere.

 

 

La favola di quota 100 si fondava su una falsa credenza: pensionarsi serve a favorire l'entrata nel mondo del lavoro. Si era vaticinato un rapporto di 1 a 3. Un pensionato a quota 100 avrebbe generato tre nuovi posti di lavoro. Falso. Tre volte falso. Non c'è mai stata alcuna evidenza che il pensionamento generi automaticamente nuova occupazione. Anzi. Nei Paesi in cui il tasso di occupazione dei lavoratori anziani è più alto, il tasso di occupazione giovanile è il più elevato. Il lavoro genera lavoro. Di più: nel caso di quota 100 l'evidenza emersa è proprio quella contraria, cioè l'uscita anticipata dal lavoro ha raffreddato la nuova occupazione.

 

 

Il vero obiettivo per una riforma delle pensioni si deve collegare alla creazione di nuova massa contributiva. Quindi favorire il lavoro, accelerare l'accesso, ridurre i Neet, e restringere il perimetro dell'assistenzialismo (non l'assistenza rivolta alla povertà assoluta, ovviamente) per indurre più persone a occuparsi. Il lavoro è l'unico antidoto alla crisi delle pensioni. Qualunque riforma deve essere connessa con quella del mercato del lavoro.

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